C’era in Europa: la diaspora dei calciatori danesi e il Brøndby
Nel caso di alcuni grandi club, valga l’esempio del Real Madrid, soprattutto nel passato ha avuto un senso chiedersi se la ricchezza di una rosa costantemente alimentata dai migliori talenti mondiali, non rendesse la squadra più forte della Nazionale. Per altri campionati, come quello danese, è da sempre stato chiaro invece che le squadre di club esprimessero una cifra tecnica modesta, ben al di sotto della somma risultante in Nazionale, dove i singoli addendi davano luogo ad un insieme maggiorato.
In Danimarca il livello dei club è sempre stato poco significativo alla riprova dei tornei europei, alla stregua di squadre fastidiose per un primo turno, abbordabili per un secondo, scomparse in sede di quarti.
Chi invece ha potuto vedere la Danimarca negli ormai lontani Europei dell’84 o ai Mondiali messicani dell’86, ricorda una nazionale prospera di talenti, esuberante nelle doti dei singoli giocatori e spettacolare nel collettivo. L’apice fu raggiunto con la vittoria agli Europei svedesi del ’92 (anche se, negli archivi del calcio pioneristico, risulta una vittoria di proporzioni colossali ottenuta alle Olimpiadi di Londra del 1908, quando la Danimarca sconfisse la Francia per 17 – 1).
I maggiori talenti danesi tuttavia hanno sempre espresso all’estero il meglio della propria carriera, in una sorta di diaspora che non li ha visti mai profeti in patria, quasi precursori di una “Generazione Erasmus” del calcio. A cominciare da Allan Simonsen, prolifico attaccante del Borussia Mönchengladbach, con il quale vinse tre volte la Bundesliga tra il 1975 e il 1978, la Coppa UEFA del ’75 e del ’79, finalista di Coppa dei Campioni contro il Liverpool nel ’77. Nello stesso anno, Allan Simonsen fu Pallone d’oro, ad oggi unico calciatore danese ad aver conquistato il premio.
Più noto ai tifosi italiani è invece il nome di Michael Laudrup. Giunto giovanissimo in Italia, acquistato dalla Juventus e inizialmente girato alla Lazio, Laudrup, che ancora minorenne aveva già vinto il campionato danese e conquistato il posto in nazionale. “Michelino”, che in giovane età faticò parecchio ad ambientarsi in biancoazzurro, in una stagione di travaglio ambientale e ricambio generazionale, tuttavia riuscì comunque a metter in luce un’abilità straordinaria nel dribbling e sprazzi di classe. Fu poi nella Juventus che si forgiò, accanto a Michel Platini, e fu protagonista nell’85, in una memorabile finale di Coppa Intercontinentale, segnando un magnifico gol all’Argentino Jr. del funambolico Claudio Borghi (meteora del primo Milan di Berlusconi).Il resto della carriera, tra Barcellona e Real fu una sequenza di riconoscimenti. Nemmeno possono esser dimenticati gli altri grandi danesi dell’epoca, come Arnesen (Ajax e Valencia), Lerby (Ajax e Bayern Monaco), Jesper Olsen (Ajax e Manchester United) e Mølby (Ajax e Liverpool)- tutti quindi forgiati alla palestra di Johann Cruyff – o quelli che militarono nel nostro campionato, come Berggren (Pisa, Torino, Roma) e Elkjaer (Verona).
Della generazione successiva, si ricordano anche Brian Laudrup (dribblomane, protagonista ai vittoriosi europei suddetti e fratello minore di Michael) e Jorgensen (ambedue in Italia con la maglia della Fiorentina, il secondo anche con quella dell’udinese).
A livello di club, squadre come il Nordsjaelland hanno saputo conquistarsi l’accesso alla fase a gironi della Champions League, naufragando però costantemente all’interno di una formula che poco spazio consente ai miracoli calcistici.
Più corposa invece, l’esperienza del Brøndby in Coppa UEFA. Squadra storica di un quartiere di Copenahgen, tra le cui fila hanno militato sia i fratelli Laudrup che il loro padre Finn, dopo il titolo conquistato nel 1985, riuscì a far valere la propria presenza anche in Europa. In particolare nel 1991, il Brøndby giunse in semifinale e a pochi minuti dalla finale. Nell’arco del torneo, il Brøndby eliminò gli ungheresi del Ferencvaros (3-0 e 1-0), i tedeschi del Bayer Leverkusen (3-0 e 0-0) e la Torpedo Mosca, ai rigori dopo un reciproco 1-0 (prima rete subita).
In semifinale, il Brøndby affrontò la Roma, allenata da Ottavio Bianchi. Dopo aver resistito in casa, dove l’incontro finì a reti bianche, nella partita disputata all’Olimpico, riuscì a recuperare lo svantaggio siglato da Rizzitelli, grazie ad un’autorete di Sebino Nela. Solo un gol del “tedesco volante” Rudy Voeller, a 4 minuti dal termine, privò della finale la compagine danese. Fu poi l’Inter ad aggiudicarsi il trofeo.
Di quella squadra, oltre a buoni giocatori come Vilfort, faceva parte anche un campione come il portiere Schmeichel, tra i più forti di sempre, destinato negli anni seguenti ad essere una colonna del Manchester United.
Di seguito, il tabellino dell’incontro:
ROMA: Cervone, Pellegrini, Nela, Berthold, Aldair, Comi (25’st Muzzi), Desideri, Di Mauro, Voeller (43’st Gerolin), Giannini, Rizzitelli. Allenatore: Bianchi.
BROENDBY: Schmeichel, Bj. Jensen, Br. Jensen; Olsen, Rasmussen, (dal 75′ Madsen), J. Jensen; Christofte, H. Jennsen (daIl’89’ Elahor), Pingel, Christennsen, Vilfort. All.: M. Olsen.
Arbitro: Soriano Aladren (ESP).
RETI: 33’pt Rizzitelli, 18’st Nela (A), 42’st Voeller.
NOTE: Ammoniti: Desideri, Jensen, Olsen, Rasmussen.