La partita da non sbagliare
Dopo il derby di Genova e Milano ma prima di quelli di Roma e Verona, ecco che arriva puntuale il derby della Mole, la stracittadina di Torino.
Contrapposte le due anime calcistiche dalla città, come sempre: da un lato l’affezione quasi prettamente sabauda, ipercritica e perennemente vessata del Toro, dall’altro la curva bianconera, forte dell’ultimo triennio di godurie varie e intenzionata a non mollare il colpo “scudetto” per ancora chissà quanto tempo. Due gli uomini che si fronteggeranno sulle panchine nella prima stagione senza Antonio Conte al comandodella Juventus: Giampiero Ventura, arrivato sotto la Mole contemporaneamente all’attuale CT della Nazionale e dunque al suo settimo derby, e Massimiliano Allegri, alla prima esperienza in un derby torinese ma che a Milano non ha lasciato un gran ricordo per quanto riguarda le stracittadine (ha vinto le prime due per poi perderne quattro e pareggiarne una).
Sarà una partita intensa, nervosa, probabilmente non bella, come quasi sempre capita a gare così sentite e dove in palio c’è ben più dei tre punti finali. Una sfida che, comunque, ha anche una discreta importanza anche per la classifica – seppure per ragioni opposte, con una Juventus intenzionata a vincerla per l’ennesima volta un po’ per mantenere inalterato il prestigio cittadino (sono quindici anni ormai che Torino non è più granata dopo una stracittadina, infatti), un po’ per non concedere alcuno spazio di manovra all’inseguitrice Roma, impegnata poco dopo in casa contro l’Inter. D’altro canto nemmeno il Toro ha intenzione di prendere parte alla partita come vittima sacrificale, vuoi perché c’è un tabù da spezzare, vuoi perché la zona retrocessione non è affatto lontana come piacerebbe ai tifosi della Maratona.
Se l’anno scorso il divario tecnico che ormai da molti anni divide le due squadre sembrava essersi assottigliato al punto da rendere potenzialmente molto più incerto l’esito della sfida principe del capoluogo piemontese, quest’anno sembra invece di essere tornati alla “normalità”, con una Juventus immensamente superiore rispetto ai dirimpettai cittadini (che, per amore della cabala, pure schiererebbero un buon numero di ex pronti al classico gol-vendetta) e che quindi un’affermazione della Vecchia Signora sia semplicemente una formalità. Peccato però che questa parola, al cospetto di una stracittadina, perda completamente di senso, al netto delle differenze tecniche che pure ci sono (e sono notevoli). L’abisso che pare separare le due contendenti, diciannove punti secondo la classifica, potrebbe paradossalmente essere un ulteriore stimolo per il Toro, che non potrebbe azzeccare occasione migliore per fare la classica “partita della vita”. Chissà.
Nessuna delle due compagini, comunque, può sbagliare l’approccio al match: la Juventus perché sa che il Torino entrerà in campo concentrato a mille e deciso a non perdere contro i poco amati rivali (e quindi pronto ad approfittare di eventuali sottovalutazioni o errori); i granata perché vogliono dare un segnale forte a tifosi e campionato, risollevando nella serata più attesa sia una situazione di classifica sconfortante sia l’umore dei tifosi, arcistufi del 3-5-2 di Ventura e non accontentati dal pur convincente cammino granata in Europa League dopo tanti anni d’assenza. I tifosi, però, non penseranno più a tutto questo – posto che siano riusciti a pensarci anche prima – non appena l’arbitro fischierà per il calcio d’inizio: a quel punto conterà davvero solo vincere.
Perché quando si arriva al derby niente di tutto il resto vale più. Il mondo esterno non esiste. Esiste solo la propria nemesi calcistica, l’Avversario con la a maiuscola che infido si nasconde proprio nei meandri della stessa città, pronto allo sfottò assassino quando meno ce lo si aspetta. La partita importante per definizione, la sfida che, per i successivi mesi, stabilisce chi comanda in città. La gara che, primi o ultimi, dominatori o dominati, non si può sbagliare. Mai.
Questo è il derby, in Italia. Questo è il derby della Mole.