Dopo la parentesi delle coppe europee, oggi tornano i principali campionati nazionali. Il piatto forte, come spesso capita, ce lo offre l’Inghilterra: la crisi del Liverpool, l’inconsistenza dell’Arsenal, il buon momento di West Ham e Newcastle e chi più ne ha più ne metta. La perfezione del Chelsea, anche: sinora 10 vittorie, 2 pareggi e nessuna sconfitta.
In pratica una cavalcata, anche perché le altre tendono a suicidarsi spessissimo, o a svegliarsi tardi. È ancora lunghissima, ma parliamo di una delle squadre più forti d’Europa, reduce da una cinquina sul campo dello Schalke e perfetta nei suoi meccanismi. Che sono oliati grazie ai travagli dell’anno scorso e perché in Premier League gli allenatori danno il meglio al secondo anno di lavoro.
La stabilità della creatura di Mourinho, perfezionata in estate con gli arrivi estivi di Cesc Fàbregas e Diego Costa, ha spezzato qualunque avversario incontrato in questa prima parte di stagione e non accenna a fermarsi. Un po’ come la Juventus degli scorsi anni, il Chelsea in patria non conosce avversari e ha sempre quel qualcosa in più: fisicamente solido e impeccabile, ci arriva di forza, di velocità o di talento.
In tutto questo, gran parte del merito va dato al tecnico portoghese, uomo che passa per poco antipatico ma la cui adattabilità a certi livelli non stupisce più. I più ingenui, o i sempre furbi, diranno che è facile vincere allenando i Diego Costa o gli Hazard, gli Oscar e i Willian, però la storia insegna che non tutto è scontato, che non sempre l’investimento pesante sortisce effetti. Specie in campionati equilibrati e livellati verso l’alto, chi non costruisce un’identità paga dazio. Perché troppi galli nel pollaio non ci stanno bene e prima o poi i nodi vengono al pettine, a prescindere dal talento.
Il Chelsea sta andando oltre a tutto questo, ha insegnato come liberarsi di giocatori famosi, appariscenti ma sopravvalutati, ricavarne dei bei soldoni e reinvestirli nei settori giusti. Con saggezza, oculatezza, attenzione: nessuna somma di talenti, ma aggiunte mirate, calcolate al microscopio. Il risultato è un esperimento ben riuscito, pur nell’amarezza degli addii di Ashley Cole e Frank Lampard, veterani tosti ma in calo di prestazioni, con stipendi sproporzionati all’ultimo rendimento.
Mourinho, con le spalle coperte da Roman Abramovičh, ha messo su la macchina perfetta. E non vorremmo essere il povero Sunderland, quest’oggi alle 18:30: la perfezione esiste, porta il colore blu e quando la sfiori ti scotti. Alle altre grandi, che in estate parlavano di titolo e ora si ammazzano per un piazzamento europeo, il compito di smentirci e restituirci il campionato più bello d’Europa.