Antonio “Totò” Di Natale l’ha messa dentro un’altra volta. La duecentesima, almeno in serie A. Un traguardo immenso, se si pensa solo ai festeggiamenti solitamente riservati a chi raggiunge la metà strada dei 100, come fosse già il coronamento di un’onorevole carriera. Figuriamoci i 200.
Il primo lo aveva infilato al Como, squadra di cui si son perse le tracce in serie A, nel 2002, con la maglia dell’Empoli e all’età già calcisticamente matura di 25 anni. Quel giorno nessuno avrebbe potuto immaginare che ne sarebbero seguiti altri 199. Eppure, Totò aveva tutto il futuro davanti. Raggiunto l’approdo friulano in quel di Udine, dove sarebbe stato il vero Zico bianconero, e compiuti i trent’anni, Di Natale non si sarebbe più fermato, vincendo per due stagioni di fila la classifica cannonieri e sfondando per quattro volte la soglia dei venti gol in stagione. Una montagna di gol, segnati di gran classe, spesso sul palo opposto al portiere, di potenza, di precisione, d’astuzia e in acrobazia, col tocco sotto o col cucchiaio, di controbalzo o in dribbling secco, da fermo oppure lanciato come una fionda nella vertigine a imbuto che sversa nella rete avversaria. Totò segna sempre e comunque, “a prescindere”, avrebbe chiosato l’altro Totò di Napoli, quello che di mestiere faceva l’attore e non l’attaccante.
E pazienza se con la maglia azzurra il percorso non è stato altrettanto luminoso. Lo stesso destino in fondo è stato condiviso da altri bomber di campionato, da Montella a Chiesa, passando per Beppe Signori e Roberto Pruzzo. Anche se, almeno la soddisfazione di partecipare a due Europei ed un Mondiale, mettendo anche un paio di firme sul tabellino, Di Natale se l’è presa.
A Udine, nella tranquillità operosa della provincia, Di Natale ha trovato una propria dimensione, diventando il cardine intorno al quale far ruotare il gioco di squadra, pur nell’alternanza degli allenatori. Proprio come accade ai campioni. Dal 2010, anno in cui vinse per la prima volta la classifica cannonieri, a 32 anni e con 29 reti, tutti si aspettano un suo declino, un cedimento dello scatto brillante di fronte all’avanzare meccanico e ferroso del tempo. Ma non lui, che non abbandona l’apice della curva e nel frattempo ne ha buttati dentro altri 98, infilando triplette con lo slancio d’appetito di un adolescente in fase di crescita. Settimo marcatore di sempre, ci sono ottime possibilità che ben prima di fine stagione possa riprendere anche un mito assoluto come Roberto Baggio.
Uno così, anche quando torna sui suoi passi dopo aver annunciato il ritiro, come successe nella scorsa stagione, non puoi che volerlo vedere sempre in campo. Legioni intere di attaccanti venuti da oltre confine hanno varcato le Alpi senza avvicinarsi neanche lontanamente al rendimento della punta napoletana.
Dureranno poco i festeggiamenti, l’Udinese è squadra pratica, che necessita di non perdere la concentrazione. Del resto, anche l’attenzione dei media e del pubblico è sempre stata molto ondivaga rispetto alle imprese di Di Natale. Se per altri si accendevano i riflettori anche di fronte a rocambolesche deviazioni in porta di stinco, ben vendute dal marketing dell’immagine come sapiente padronanza del bilico distribuito lungo tutto l’asse del corpo, Di Natale ha sempre faticato di più a portare l’attenzione mediatica in provincia, dovendo fare il doppio dei gol degli altri per carpirne la momentanea attenzione. Per dire, già volendo rivedere solo i gol di serie A (e tralasciando quindi un altro centinaio di gol messi a segno tra coppe e serie minori), un film analitico delle realizzazioni di Totò durerebbe quanto una rappresentazione cinematografica.
Nel riconoscerne il talento, con l’occasione del traguardo, non resta allora che rivolgere a Di Natale (classe 1977) un augurio: altri 100 di questi gol, Totò.