Scusi, è qui il derby?

Imbarazzo.

Non si può provare altro il giorno in cui andrà in scena il derby (probabilmente) più brutto e (sicuramente) più povero della storia recente della Milano calcistica. Due rose scadenti e per di più decimate dagli infortuni, pochi elementi di classe tra tutti e due gli undici che si affronteranno, un numero risibile di campioni (contando anche come tali ex campioni acclarati) in campo.

Non c’è niente da ridere, il derby della Madunina di stasera sarà una tristezza infinita per chi è del Milan o dell’Inter. Una tristezza di fondo che, alla fine, sarà solo parzialmente lenita da una vittoria (se ci sarà una vincente e una sconfitta: nel calcio esiste sempre il pareggio. Che a volte non fa male a nessuno, altre invece pesa quasi come una sconfitta per entrambe le avversarie). Dello scarso peso e dell’ appeal perduto abbiamo già abbondantemente parlato.

La stracittadina odierna è infatti uno straziante canto d’agonia del movimento calcistico milanese, sprofondato a livelli mediocri. Là dove c’era Pirlo (o Rijkaard, o Rivera, o Albertini, o Ancelotti…) adesso giostra Muntari; là dove regalava emozioni Corso (o Djorkaeff, o Sneijder, o Berti, o Mazzola stesso…) ora giochicchia Kuzmanović. E si potrebbe fare questo devastante giochino mentale per qualunque ruolo, se si fosse dotati di sufficiente autolesionismo.

Le due squadre, peraltro, ci arrivano con le ossa rotte. Una classifica che non piange solo per la pochezza generale delle altre contendenti, un piattume tattico desolante messo costantemente in mostra da due compagini approssimative, mal costruite e poco convincenti tra i tentennamenti di un Inzaghi ancora troppo acerbo e un mazzarrismo integralista che è ancora troppo recente perché Mancini abbia potuto estirparlo davvero. Un tempo la supremazia cittadina era la ciliegina da mettere su una torta fatta di successi domestici e non, quel tocco di magia in più che arricchiva annate leggendarie che culminavano in trionfi ricordati da tutti e che arrivavano ai posteri. Oggi il tutto si riduce a un parossistico “derby dell’entusiasmo” che di entusiasmante ha poco, tranne, ci si augura, la passione dei tifosi, capace – almeno quella – di rinfocolarsi come araba fenice almeno due volte all’anno. Quando si gioca il derby, appunto.

Eppure in casa Milan non si fa che ripetere la parabola dell’entusiasmo portato in rosa da Superpippo ormai da giugno e, dalle parti del Biscione, pare vogliano riportarsi in pari coi dirimpettai rossoneri snocciolando la tiritera del nuovo entusiasmo infuso dal Mancio alla squadra (dopo la dipartita tecnica di Mazzarri) a ogni pie’ sospinto. Sarà che ci credono poco persino coloro che ammaniscono al popolo l’entusiasmante brodaglia ma entrambe le tifoserie hanno già smesso di credere allo snervante ritornello entusiastico. Perché, a voler ben vedere, di entusiasmante non c’è proprio nulla leggendo i nomi che compongono le rose. E ai piani alti di entrambe le società lo sanno benissimo.

Però alla fine nessuno vuole perdere. E questo è forse il miracolo più grande: nessuno vuole perdere nonostante in palio non ci sia nemmeno una Coppa del Nonno (tutt’al più un quinto posto? Quarto, forse?). E nessuno vuole vedersi sconfitto per puro orgoglio, la vera ragione che muove il cuore del tifoso medio di Inter e Milan. Un orgoglio che non vuole sparire nonostante due squadre che sono solo vuote vestigia di ciò che quei colori hanno significato in passato, anche molto recentemente, per tutto il calcio mondiale. Qualcuno ha parlato di atto d’amore che i tifosi compiranno nell’assistere a questo Milan-Inter così social ma al contempo così trascurabile: nessun’altra definizione potrebbe essere più corretta. Un amore viscerale che sfocia nell’orgoglio a spada tratta nonostante evidenti impresentabilità variamente assortite.

E allora coraggio e che si giochi una partita vera. Che le mancanze tecniche siano annullate da voglia, sudore e lacrime, di gioia o di dolore. Perché un derby va onorato dando in campo tutto e anche di più e perché chi compie un atto d’amore si merita un atto d’amore a sua volta. Perdere non piace a nessuno e non serve a niente, in questo caso.

S’illumini San Siro, nonostante tutto.

Published by
Giorgio Crico