Il Gran Premio di Abu Dhabi nella storia
Gli Emirati Arabi sono un palcoscenico piuttosto recente per la Formula 1: fu nel 2007 che venne presentato il progetto di un Gran Premio ad Abu Dhabi. Inaugurato nel 2009, domenica su questo asfalto si scontreranno i due alfieri della Mercedes per disputarsi il Mondiale.
In tutto il calendario spicca per una poetica peculiarità: il balenare del tramonto fra un sorpasso e una frenata. Per favorirne infatti la visione televisiva in orari non troppo balzani per il resto del mondo, la FIA ha deciso di posticipare la partenza alle 17.00 locali, in un suggestivo avvicendarsi di crepuscolo e sera.
All’esordio, nel 2009, le Red Bull ottennero la prima e la seconda posizione, rispettivamente con Sebastian Vettel, apprendista campione del mondo e Mark Webber. Completò il podio il fresco vincitore del Mondiale, Jenson Button, autore insieme alla sbalorditiva Brawn GP-Mercedes di un cammino che pochi, al principio del campionato, avrebbero osato pronosticare. Questa prima edizione sancì l’addio ai gran premi con i pit-stop: dall’anno seguente, infatti, le nuove regole sancirono l’obbligo per le vetture, prima della partenza, di imbarcare una quantità di benzina tale che le portasse a terminare la gara senza rabbocchi.
Fu però nel 2010 che sul circuito arabo la tensione raggiunse il suo apogeo. I piloti che alla vigilia avrebbero potuto aspirare, grazie a varie combinazioni, al titolo mondiale erano ben quattro: Fernando Alonso, su Ferrari, Mark Webber e Sebastian Vettel, su Red Bull e Lewis Hamilton su McLaren. Ad Alonso, al comando della classifica, sarebbe bastato un secondo posto per agguantare il titolo.
A distanza di anni è possibile affermare che le strategie Ferrari, per cui pagò il solo capo ingegnere di pista Chris Dyer, si rivelarono disastrose. Vettel durante qualifiche mostrò di possedere una monoposto molto competitiva, tanto da issarsi al primo posto in griglia, mentre Alonso dovette accontentarsi della terza posizione, proprio fra le McLaren di Hamilton e Jenson Button. Alla partenza Alonso non riuscì a produrre uno spunto vincente e si ritrovò in quarta posizione, mentre il tedesco si involava, producendosi in una serie di giri veloci, interrotti solo dall’ingresso della safety car per un incidente fra Schumacher e Liuzzi.
Fu al momento del pit-stop di Webber che la casa di Maranello commise l’errore che si sarebbe rivelato esiziale per le sorti del campionato. Quando l’australiano, secondo in classifica e distanziato da Alonso di 8 punti, entrò ai box per la sosta, gli uomini al muretto Ferrari scelsero di ricalcarne la strategia, richiamando lo spagnolo e ignorando Vettel che sull’asfalto pareva volare. Al rientro in pista, Alonso superò l’australiano, per poi scoprirsi dodicesimo e ingolfato nel traffico. Una serie di giri dietro a un tenace Petrov lo costrinsero nelle retrovie, fino a giungere settimo sul traguardo.
Si verificò così la combinazione che pochi avrebbero previsto alla vigilia, con Alonso sotto al quinto posto e Vettel, fino a quel momento mai in testa al mondiale, sul primo gradino del podio e più giovane vincitore del Campionato Mondiale. I sostenitori della Rossa, adesso che il suo approdo alla corte del Cavallino Rampante è ormai ufficiale, si augurano che in futuro possa farsi “perdonare” donando alla Ferrari un nuovo titolo mondiale
Il pilota tedesco detiene il numero di vittorie, tre su cinque, mentre Lewis Hamilton e Kimi Räikkönen gioirono nel 2011 e nel 2012. Domenica proprio l’inglese si disputerà con Nico Rosberg l’alloro mondiale ed entrambi hanno motivi fondati per recriminare nei confronti della sfortuna che pare avvolgerli lungo queste curve. Mentre Hamilton ricorda infatti i due ritiri, nel 2009 e nel 2012, negli occhi degli appassionati rimangono ancora le angoscianti immagini dell’incidente, avvenuto proprio nel 2012, in cui la vettura di Rosberg decollò sopra l’HRT di Karthikeyan, fortunatamente senza alcuna conseguenza per il pilota tedesco.
Domenica entrambi cercheranno di riscuotere questo credito e l’augurio di tutti è di poter assistere a una gara avvincente, in cui i giochi di scuderia e degli sponsor siano banditi in favore di un serrato e onesto agonismo.