Inutile girarci attorno: l’unica vera motivazione per cui quest’anno dovremmo vederci il derby di Milano è il ritorno in nerazzurro di Roberto Mancini. Per il resto, la stracittadina che tra qualche giorno illuminerà San Siro non sarà altro che la sfida tra due squadre in grande difficoltà organizzativa, in questa stagione.
In casa Milan, Inzaghi è intoccabile, lo sappiamo tutti. A Superpippo è consentito sbagliare, perché quanto ha fatto da giocatore gli ha creato quella sorta di immunità che lo fa cadere in piedi anche in caso di figure non proprio esaltanti, adesso che è in panchina. Il suo Milan, che nelle primissime battute di questo campionato era addirittura considerato come una potenziale concorrente di Juventus e Roma, la classica outsider che punta più sulla grinta e sul carattere del gruppo che sulla qualità dei suoi giocatori. Col trascorrere delle giornate, si è capito che la grinta, da sola, non poteva bastare; serviva anche un’organizzazione di gioco decente, e “decente” non si è sempre avuta. L’implosione di De Sciglio, le prestazioni negative di Torres, una manovra che non esalta, tutti fattori negativi di un Milan che – nonostante si sia anche ben rinforzato in estate con gli arrivi di Menez, Alex, Torres e Bonaventura – non diverte affatto i suoi tifosi.
Dall’altra parte, un’Inter reduce dal disastro Mazzarri. Il suo esonero, è palese, è stato dettato dalla volontà di Massimo Moratti, nonostante abbia dato l’addio alla presidenza onoraria solo qualche settimana fa. Ovviamente non è stato lui in prima persona che ha firmato il foglio di addio, ma i suoi continui messaggi – diretti e indiretti – rivolti a Thohir hanno fatto in modo che l’attuale presidente prendesse coscienza di una situazione che non aveva più ragione d’essere. Mazzarri ha sbagliato tutto ciò che poteva sbagliare, il suo staff non è stato in grado di correggergli o evitargli errori, e la frittata è stata fatta. Adesso, riecco Mancini: le minestre scaldate non sono mai buone, ma questo Mancio-bis non sembra essere affatto una minestrina; l’ex City e Galatasaray sembra avere idee ben chiare, e le esperienze all’estero gli hanno fatto solo bene. Porterà convinzione e chiederà rinforzi sul mercato, perché quest’Inter non è minimamente competitiva.
In sostanza, sarà un derby di Milano da vedere, ovviamente, ma che risulta lontano anni luce da quelle sfide mozzafiato che le stracittadine all’ombra della Madunina erano in grado di regalarci solo cinque-sei anni fa. Grandi nomi: pochi. Qualità: altrettanto poca. Divertimento, di conseguenza, piuttosto esiguo. Colpa di un calcio che soffre di problemi economici e politici, e considerato chi è attualmente al vertice (#noTAVecchio, lo ricordate questo hashtag?) è piuttosto difficile che qualcosa, nell’immediato, possa cambiare.