Home » Non è il salvatore della patria

L’Inter e Roberto Mancini, due destini legati in maniera molto stretta. Sembra quasi che il tecnico di Jesi debba a tutti i costi risollevare i nerazzurri dal baratro. Successe nel 2004 quando raccolse l’eredità di Alberto Zaccheroni, è accaduto di nuovo con Walter Mazzarri in un rocambolesco giovedì notte che ha ribaltato gli equilibri in casa meneghina. L’ex tecnico del Napoli non ha fatto bene a San Siro, questo è innegabile, e spesso non ci ha messo nemmeno la faccia andando a trovare tutte le scuse possibili e immaginabili: dalla pioggia all’arbitro, passando per il terreno di gioco e sicuramente altro che in questo momento non mi viene in mente. Impossibile per un tecnico che vuole fare il salto di qualità, colpe che si aggravano se, a quanto pare, davvero ha dichiarato che l’Inter è un’esperienza che non ripeterebbe mai nella vita se potesse tornare indietro.

In questo Mancini e Mazzarri sono molto diversi. Sotto la pioggia il Mancio ha vinto il 16esimo scudetto nella storia nerazzurra, andando a sbrogliare una partita complicatissima a Parma grazie all’ingresso di Ibrahimovic, mentre Walter ci è spesso caduto. Di giocatori così, adesso, in rosa non ne ha nemmeno per sogno: ha qualche buon giovane di spessore come Icardi, Kovacic e Juan Jesus, può contare sull’apporto di buoni giocatori come Handanovic, Ranocchia e Palacio; soprattutto può sperare nei rientri di Hernanes e Osvaldo, uno apparso leggermente in ritardo di forma nel complesso e l’altro infortunato. Via la difesa a tre, probabilmente spostando Juan Jesus sulla corsia di sinistra – alternandolo con Dodò – e largo spazio al trequartista. Questo essere sconosciuto nell’era Mazzarri torna in voga grazie a Mancini, e l’Inter ne conta diversi in rosa: uno su tutti Kovacic, il gioiello che a inizio stagione aveva mostrato un ottimo feeling con il gol, poi Hernanes e Guarin, entrambi investimenti importanti che Thohir deve assolutamente valorizzare al più presto. Un tecnico di livello internazionale come Mancini, poi, potrebbe permettere all’Inter di fare la voce grossa sul mercato – sempre con le limitazioni economiche del caso – cosa che Mazzarri non poteva assolutamente fare per evidenti limiti d’esperienza a un certo livello.

Indipendentemente da questo, però, le considerazioni principali vanno fatte sul lato emotivo. Venerdì mattina quasi tutti i tifosi interisti hanno festeggiato il rilascio di Mazzarri come se lui incarnasse tutti i problemi del club: sbagliatissimo, perché passarsi le responsabilità non porta mai nulla di buono. Non lo portava quando il tecnico toscano andava in televisione a dare la colpa alla pioggia, deresponsabilizzando i giocatori stessi, e sicuramente addossare tutte le colpe a Mazzarri adesso significa sminuire gli errori fatti in sede di mercato e non. Vidic, per esempio, ora rischia di diventare un investimento sbagliato – almeno sul campo – considerando le prestazioni mediocri sinora offerte dall’ex difensore del Manchester United. O magari succederà il contrario e, con il passaggio alla difesa a quattro, tornerà il muro difensivo che abbiamo potuto ammirare a Old Trafford nella decade scorsa: questo non lo può sapere nessuno, nemmeno Mancini.

L’entusiasmo iniziale potrà colmare inizialmente le lacune dell’Inter, nonostante un calendario piuttosto difficile, ma Thohir e Ausilio devono assolutamente riconoscere che questa squadra adesso è sbilanciata troppo in difesa (sei centrali in rosa e quattro terzini), mentre in attacco vi sono soltanto tre elementi di spicco, escludendo il primavera Bonazzoli. Lo dico adesso, consapevole che queste parole potranno essere usate contro di me: Mancini avrà un inizio buono, magari anche quattro punti nei primi due incontri, ma da quel momento in poi faticherà tantissimo. E solo allora vedremo se l’Inter avrà imparato dall’esperienza Mazzarri, proteggendo il proprio tecnico dagli attacchi mediatici e dell’esigente pubblico di San Siro.