È finito il Rugby League Four Nations. Si è chiuso definitivamente un 2014 che ha regalato – su due emisferi – emozioni e controversie, problemi e sogni. Mette il suo nome accanto a St Helens e Rabbitohs la Nuova Zelanda, campione delle Quattro (principali) Nazioni: nulla di più bello che battere gli australiani, campioni e dominatori assoluti di questo sport, e interrompere un digiuno che durava dal 2010. È l’ennesimo trionfo dell’era Stephen Kearney, dopo il Mondiale 2008 e lo stesso Four Nations di due anni dopo.
Sarebbe però superficiale limitarsi al solo trionfo dei Kiwis, in forma francamente smagliante, tanto da chiudere imbattuti. A fare le spese del momento magico dei neozelandesi, guidati da un Mannering leader inafferrabile e da un Shaun Johnson in versione Benji Marshall, l’Australia, l’Inghilterra e le Isole Samoa. Nell’ordine i campioni del Mondo, i migliori in Europa e i primi tra gli ‘isolani’. Squadre forti, ricche del talento settimanalmente prodotto e messo in mostra da NRL e Super League, turno dopo turno: nonostante le assenze e i cambi di codice, uno spettacolo per gli occhi.
Il problema, in un torneo condito da 6 partite (su 7) a punteggio equilibrato e contese sino all’ultimo, è che ognuna di queste tre di problemi ne ha avuto. I Kangaroos, per esempio, falcidiati da infortuni e defezioni, erano una copia sbiadita del Dream Team capace un anno fa di vincere il mondiale e non concedere mete per cinque gare consecutive; gli inglesi, privi di Sam Burgess e forse stanchi in quei reparti a inizio torneo considerati più competitivi (gli avanti), al solito hanno mancato del killer instinct che ti fa vincere certi Test Match; i samoani hanno stupito il mondo ma senza raccogliere punti.
In tutto questo, la Nuova Zelanda ne ha avuto semplicemente di più: insieme a Foran, Johnson forma la mediana più forte del pianeta e Vatuvei all’ala è cliente indigesto per tutti. Guardare, per credere, la finale, tirata nel punteggio più per l’abnegazione difensiva dei canguri che per un effettivo equilibrio tra le forze in campo: è un risultato che entra nella storia perché era dal 1953 che l’Australia non perdeva due test consecutivi con i vicini di casa.
Bella cornice quella della finale, giocata davanti ai 25 mila dello Westpac Stadium, Wellington. Non una roccaforte del rugby a 13 ma qui sta il successo del torneo, che ha portato lo sport più frenetico del mondo fuori dalle sue zone di sicurezza, da Whangarei a Dunedin, passando per Melbourne. Scontato il boato dei 47 mila di Brisbane nella doppia sfida d’apertura: da quelle parti amano il Queensland ma amano anche la loro Australia.
Rugby League Four Nations – 3/a giornata
Nuova Zelanda-Inghilterra 16-14
Australia-Samoa 44-18
CLASSIFICA: Nuova Zelanda 6, Australia 4, Inghilterra 2, Samoa 0
Finale – Sabato 15 novembre
Nuova Zelanda-Australia 22-18