Che costruire sopra le maceria sia lavoro difficile, non lo mettiamo in dubbio. Che qualcosa di più si possa fare, guardando questa Italia post Mondiale 2014, però, non ce lo leviamo dalla testa.
I primi dieci minuti di Italia-Olanda ci avevano illuso. Probabilmente l’Olanda, dopo il terzo posto in Brasile, non aveva ancora attaccato la spina, mentre noi avevamo l’entusiasmo che si prova il primo giorno di scuola quando si è ancora bambini. Ci è sembrato talmente tutto nuovo, tutto bello, tutto così diverso rispetto a un mese prima che non abbiamo fatto caso alla minima resistenza che gli olandesi avevano opposto ai nostri attacchi. Ci specchiavamo e ci sembravamo un’armata fortissima, agli ordini del nuovo condottiero Antonio Conte.
E invece poi in una serata di metà novembre ci ritroviamo a ballare la rumba a centrocampo contro i fini palleggiatori della Croazia, squadra dal tasso tecnico notevole, ma di certo non tra le migliori al mondo. Modrić, Rakitić, Brozović, Perišić e Kovačić formano un centrocampo dalla classe e dalla qualità incredibile; l’attacco è sulle spalle di Mandžukić, tra i migliori al mondo nel suo ruolo; la difesa, però, non è da prime della classe, e si vede.
Tanto è bastato, però, ai nostri avversari per non farci vedere la palla per almeno 60/70 minuti di gioco. Gli unici momenti in cui abbiamo alzato la testa sono stati i primi minuti della gara, quando è uscito Modrić e poi verso la fine, quando inevitabilmente la stanchezza l’ha fatta da padrone. Altrimenti è stato un continuo possesso croato con numerosi cambi di gioco a mettere in difficoltà il 3-5-2 organizzato da Conte e pressing altissimo a disturbare i nostri tentativi di sviluppo della manovra.
Molti meriti vanno a Niko Kovač e ai suoi uomini, sia chiaro: dominare in questo modo a San Siro contro l’Italia non è pratica comune per nessuna nazionale.
Ma, a volerla dire tutta, la nostra Italia non è nemmeno lontana parente dell’Italia che fu e né dell’affamatissima Juventus di Conte, che faceva della grinta e dell’organizzazione di gioco i suoi punti forti.
Soriano è un buonissimo giocatore, ideale per un centrocampo a tre. Marchisio conosce bene i movimenti di questo sistema e si vede. Ma De Rossi non è Pirlo e Pasqual e De Sciglio non sono Asamoah e Lichtsteiner. Per non parlare di Candreva, splendido interprete dell’ala destra in un 4-3-3 e incerta comparsa nel fare l’esterno in un centrocampo a cinque.
La verità è che, sì, sono mancati i Pirlo o i Verratti in mezzo al campo, ma che la materia prima disponibile oggi in Italia probabilmente non permette di giocare con questo tipo di modulo. Una volta avevamo gente come Zambrotta o Maldini (per citare due titolari nel 3-5-2 di Zoff a Euro 2000), capaci di fare egregiamente sia la fase offensiva che quella difensiva. Adesso giocatori così non ne abbiamo più e forse sarebbe meglio, per Conte, provare qualche altra soluzione, uscendo da questo modulo che sta diventando — volente o nolente — il suo marchio di fabbrica.
Non abbiamo dubbi che la sua Italia giocherà partite migliori di quella di ieri sera, ma forse la via intrapresa non è propriamente quella giusta.
Tempo per raddrizzare il tiro prima che sia troppo tardi ce n’è.