Inter, alla scoperta di Michael Bolingbroke

I riflettori erano tutti puntati su Roberto Mancini e sul suo ritorno, in un giorno piovoso, quasi a riannodare il filo di un addio avvenuto sotto il diluvio di Parma nel 2008. L’attenzione però, sorprendentemente, è stata catalizzata da un’altra figura, di cui tutti avevano sentito parlare, ma che pochi avevano visto all’opera.

Michael Bolingbroke, 48 anni, CEO dell’Inter, chiamato espressamente da Erick Thohir e giunto in estate dopo i fasti di Manchester, sponda United, ha aperto la conferenza stampa con una breve introduzione in inglese.
Il momento in cui ha preso il microfono e ha cominciato a illustrare le motivazioni che hanno portato la società Inter a risolvere il rapporto con l’allenatore precedente, Walter Mazzarri, per ingaggiare Roberto Mancini, è parso uno spartiacque fra la gestione di Massimo Moratti, italiana e amicale-famigliare, e quella internazionale vaticinata da Thohir.

Il suo breve intervento, in un inglese asciutto e professionale, ha improvvisamente dato forma alle aspirazioni spesso manifestate dal presidente indonesiano in riferimento al brand Inter da esportare.
Michael Bolingbroke è stato scelto perché è l’uomo giusto al posto giusto per rivitalizzare un “marchio” ultimamente sbiaditosi, vittima e complice della crisi del sistema calcio italiano.
Reduce dalle esperienze nella Jim Henson Company (detentrice dei diritti dei famosi pupazzi del Muppet Show), nel Cirque du Soleil e, infine, nel Manchester United degli americani, ha accettato questa nuova sfida in Italia, dove le parole “progetto globale” e “marketing mirato” vengono sovente accolte con scetticismo e sospetto.

Il suo esordio sui mass media italiani si è avuto circa un mese fa, quando ha bacchettato la gestione economica della presidenza di Massimo Moratti, suscitando le ire di quest’ultimo. Dichiarazioni probabilmente prodromiche alla prima contrarietà incrociata sul cammino, ovvero la riunione a Ginevra per discutere di eventuali sanzioni in merito ai parametri non rispettati del Fair Play Finanziario. L’esito dell’incontro rimane segreto, ma dai comportamenti tenuti dagli interessati è possibile intuire una certa benevolenza dell’UEFA nei confronti del futuro dell’Inter. Se così dovesse avvenire, molto del merito andrà ascritto proprio al manager inglese e ai suoi progetti di espansione del fatturato della squadra nerazzurra.

In un momento in cui il nostro calcio, a causa di una crisi economica riverberatasi su ogni settore della vita pubblica, è costretto ripensare sé stesso, l’arrivo di professionisti stranieri, adusi a lavorare in contesti che prima di noi hanno saputo rinnovarsi, può rappresentare l’inizio di una piccola rivoluzione. Impossibilitate a comperare i campioni che permettano il salto di qualità, le squadre italiane dovranno iniziare a investire nelle figure che operano dietro alle quinte e che, tramite il loro lavoro, permetteranno un salto di qualità indispensabile per confrontarsi con le rivali europee.

Michael Bolingbroke, sebbene il suo cognome si presti a molteplici ironie (“go broke” in inglese significa anche “ritrovarsi senza soldi, rovinarsi”) sembra rappresentare perfettamente questo nuovo corso. L’auspicio dei tifosi interisti è che i suoi obiettivi, proposti durante la conferenza stampa, trovino presto compimento e possano costituire un punto di partenza verso il futuro.