Ridimensionati
Non è facile fare l’allenatore. Non è facile di per se stesso ed è ancora più difficile farlo con delle aspettative che gravano sulle proprie spalle come macigni. Soprattutto se ci si trova nel bel mezzo di un momentum in cui tutto sembra dirti che la barca di cui si è al timone non ne vuole sapere di arrivare là dove si vuole: tocca rimboccarsi le maniche e capire se si è in mezzo a una mareggiata momentanea o se lo scafo è talmente danneggiato che fare vela nel porto agognato è ormai praticamente impossibile. Nel secondo caso, se il pubblico era convinto da mesi che la destinazione fosse non solo fattibile ma persino auspicabile, la nave rischia di trasformarsi più in una Santa Barbara che altro.
Ne sanno qualcosa anche Rudi Garcia e Walter Mazzarri, i quali si trovano ora a fare i conti con una situazione che mai si sarebbero augurati in estate.
«Sai cos’è? È che il Bayern gli ha fatto male, proprio nel profondo. Adesso hanno paura, giocano con la paura addosso. Prima non ne avevano». In questa semplice analisi molto terra terra (ma molto vera) di un amico romanista con cui è capitato di scambiare opinioni dopo Napoli-Roma di ieri è raccolta tutta la verità dell’attuale rendimento dei ragazzi di Garcia, i quali hanno scoperto dopo la scoppola (episodica, ribadirlo non fa mai male) di Champions un nemico subdolo e nascosto: la paura. Un avversario interno e interiore, un antagonista invisibile che ti blocca il cuore prima ancora di muscoli e cervello, un nemico con cui è durissima combattere e che, probabilmente, la Roma pensava di aver già sconfitto più o meno per sempre.
E invece no. Sono bastati 90 minuti per rintontire Totti e compagni, appena un’ora e mezza ha quasi prosciugato tutta l’autostima che un gruppo coeso, unito e fiero aveva accumulato in un anno. Un bel problema per il francofono Rudi, un problema che adesso il mister di Trigoria deve risolvere lavorandoci su con pazienza e calma, ripartendo dalle basi e mettendo di fronte ai suoi un bello specchio, per convincerli che loro non sono quelli del 1 a 7, ma quelli che hanno perso in modo rocambolesco a Torino senza meritarlo, quelli che hanno asfaltato il CSKA, quelli che non hanno paura di niente e di nessuno visti fin da quando Garcia è atterrato nel pianeta Roma. Quelli che l’anno scorso nelle prime dieci partite di Serie A avevano vinto sempre, facendo trenta punti.
Oggi, invece, la Roma, sempre in dieci partite, ha perso due volte e pareggiato una, per un totale di otto punti in meno in classifica. Garcia, onestamente, sembra però ancora padrone della situazione e, per quanto difficile, la resurrezione della sua creatura non sembra così improbabile: se i suoi uomini vorranno ascoltarlo come sempre hanno fatto fino ad adesso, una ripresa si può già intravedere all’orizzonte. Forse questo momento, in fin dei conti, è solo una mareggiata passeggera, non un ridimensionamento fallimentare. Certo è, però, che in qualche misura i fatti dell’ultimo mese restituiscono una Roma un po’ più piccola di come ce la si era figurata tra giugno e settembre.
Chi invece sembra molto meno saldo al timone del transalpino Rudi è certamente Walter Mazzarri. La sua Inter era partita con l’obiettivo del terzo posto, più o meno dichiarato esplicitamente (adesso la società parla genericamente di “Europa” per salvare la faccia ma che si mirasse al podio è uno dei tanti segreti che Pulcinella custodisce non proprio gelosamente). Adesso invece la Beneamata conta già ben tre ko in dieci gare (il 30% delle partite giocate in campionato), una classifica che già domattina può rivelarsi decisamente infelice e la consapevolezza di aver disputato appena un incontro di cartello vero (col Napoli).
Il Napoli è in netta ripresa ma dopo gli stenti di inizio stagione sembrava che il terzo posto fosse aperto alle disponibilità di cinque, forse sei squadre, le quali avevano iniziato la loro personale battaglia di ciapanò, come si dice a Milano, e l’Inter pareva voler essere della partita. Peccato però che i punti buoni per la classifica non compaiono da soli e che la compagine meneghina ha vinto appena quattro partite: un po’ troppo poco anche per un gradino più basso del podio al ribasso come sembra essere quello di quest’anno.
Il problema vero del mister toscano è che sembra capirci poco lui per primo: mal digerito da una fetta consistente di pubblico che fa la voce grossa specialmente su internet, appoggiato da un’altra fazione sempre più sottile di interisti che lo difendono turandosi il naso ma con il sostegno ufficiale della società, l’ex mister del Napoli sarà a breve costretto a spaccarsi la testa sulla sua rosa e su tutte le questioni aperte che ha sul tavolo, come: una squadra capace di fare solo due gol su azione nelle ultime cinque uscite, un pacchetto di esterni sostanzialmente inadeguato a livello qualitativo, le assenze per infortunio a cui ovviare e chi più ne ha più ne metta. Se per la Roma il problema è la paura, all’Inter quel che sembra regnare sovrano è il caos, nell’accezione più primordiale del termine. Come finirà? Bella domanda.
Intanto, quel che si può ipotizzare (con una certa sicurezza di aver azzeccato) è che oggi ci sono due allenatori di Serie A ridimensionati, con occhiaie profonde come pozzi, costretti a non sprecare nemmeno un minuto per capire come riprendere il controllo della loro barca. Che la tempesta sia stata scatenata da una doppietta di un De Ceglie qualunque o porti le prestigiose firme (con retrogusto di Real Madrid) di Higuaín e Callejón, per superarla si può solo lavorare.
Sperando che basti.