Home » La stagione dei ritorni

Marco Belinelli conquista il primo anello nella storia del basket italiano, i San Antonio Spurs scrivono il proprio nome a lettere cubitali nella storia dell’NBA e Popovich, nello spogliatoio, recita un discorso da ricordare ai nipoti, ricordando come la drammatica sconfitta del 2013 abbia fatto da motore per la rivincita del giugno scorso. Si riparte da qui, dopo mesi di mercato si torna finalmente a giocare sul parquet, con tante novità e soprattutto con la consapevolezza che sarà un’annata molto diversa dalla precedente: perché gli Spurs hanno vinto e, storicamente, faticano sempre a fare il back-to-back. La pancia piena di Ginobili e Duncan, se così si può dire, è un altro punto a sfavore che non mette i texani in cima al mio personalissimo power ranking.

E’ stata l’estate del ritorno a casa. Ovviamente quello di LeBron James, il nativo di Akron che ritorna tra la sua gente dopo quattro anni di rapporto a dir poco complicato, per portare la franchigia dove non è mai stata: sul tetto del mondo. Sembra la sceneggiatura di un film ma il finale dev’essere ancora scritto anche perché, sempre a est, c’è un altro grande ritorno da festeggiare: lo abbiamo già visto al mondiale ma Derrick Rose, probabilmente, era in una versione limitata. O almeno lo sperano tutti gli appassionati di questo sport e soprattutto i tifosi di Chicago che, a ogni caduta del loro numero uno, adesso restano con il fiato sospeso; mi piacerebbe che Cleveland e Chicago, inoltre, trainassero un est più competitivo della passata regular season, ma ho l’impressione che questo non accadrà.

Sono altrettanto curioso di vedere all’opera Anthony e James, entrambi hanno perso molti chili per adattare meglio il proprio gioco alle esigenze della squadra. Il primo riuscirà a riportare New York dove merita, e cioè almeno in semifinale di Conference? Fidandosi più dei compagni e, magari, con un Bargnani da almeno 60 partite, facendo tutti gli scongiuri del caso in materia infortuni. L’altro invece avrà al suo fianco Irving, Love e il fidato amico Varejao, e il fatto che abbia deciso di snellirsi mi sembra un chiaro indicatore di come sarà Irving, la maggior parte delle volte, a gestire il pallone favorendo magari le uscite dai blocchi di James che, successivamente, potrà attaccare il ferro in maniera più fluida e meno macchinosa. Altrimenti sarebbe stata meglio la versione Miami di James, cioè praticamente il play, l’ala piccola, forte e il centro della squadra allo stesso momento, con un corpo in grado di occupare tutte e cinque le posizioni. E anche in quel caso non è bastata, è servito un supporting cast all’altezza per riuscire a vincere due volte di fila.

Prima di lasciarvi, però, non ho parlato di un altro ritorno in campo a cui sono molto legato, quello di Danilo Gallinari. Lo avevamo lasciato in rampa di lancio con i suoi Denver Nuggets, ormai un anno e mezzo fa, pronto per recitare una post season da protagonista: poi è successo quel che è successo, l’infortunio e l’intervento sbagliato. Danilo ha bisogno di fiducia e di integrità, poi tutto il resto lo farà il suo grande talento e la cura dei dettagli. Per questo e per mille altri motivi, finalmente, la notte torna ad avere un senso. E’ tornata l’NBA.