Balotelli e il mistero della Torre Eiffel
Forse non tutti sono a conoscenza del fatto che, nel 1889, quando la Tour Eiffel venne costruita, non c’era un solo parigino che la volesse in piedi. Contestata dagli artisti più celebri per l’indiscutibile bruttezza che una colossale montatura di pezzi di ferro poteva evocare nei sensibili animi letterari, derisa da borghesi e popolani, che la chiamavano “l’asparago di ferro”, la grande torre simbolo di Parigi fu lì lì per essere smantellata a furor di popolo. A salvarla fu il fatto che non c’era posto migliore per installare le antenne dei radiotelegrafi.
Considerando che oggi la Tour Eiffel è una delle dieci meraviglie più visitate al mondo, c’è da domandarsi quando l’opinione della gente sia cambiata, e perché. Sul quando non so rispondere. Sul perché, invece, ci sono diverse ipotesi: la più accreditata vede la stampa parigina prima artefice del recupero artistico e morale di un monumento nato orfano di consensi, e che dopo un’astuta campagna mediatica cominciò a incontrare il gusto della gente.
Quello che la Torre, dall’alto dei suoi 324 metri, oggi non è chiamata a dimostrare (brutta è brutta, ma è pur sempre la Tour Eiffel!), dal basso dei suoi 2 metri scarsi tocca invece al nostro Mario Balotelli. Scaricato dal Milan e dalla Nazionale, il simpatico attaccante s’è limitato, per una volta tanto, a fare ciò che chiunque avrebbe fatto al posto suo. Ha cercato un ammiratore. Ricerca non facile, visto che, dopo l’ennesima brutta figura a Brasile 2014, di suoi fan tra gli allenatori ne erano rimasti davvero pochini. Ma quando Brendan Rodgers appare in tv sbrodolando miele nei suoi confronti, a tutti sembra che l’affare sia cosa buona e giusta. Soprattutto al Milan, dove sono così felici di liberarsene che Galliani sarebbe disposto a portarlo in Inghilterra col risciò.
Forse, però, nessuno si rende ancora conto che quello che questo calciatore dalle capacità tecniche molto modeste è chiamato a fare a Liverpool va decisamente oltre le sue possibilità. Privi dell’asso morditutto Suárez, i Reds sono costretti a emulare un campionato straordinario pur non disponendo sulla carta di una squadra all’altezza delle altre grandi forze della Premier. E Balo arriva da eroe.
Mario Balotelli è un vero fenomeno del giornalismo italiano. Un giocatore di 24 anni che non è mai stato decisivo fino a questo momento, eppure assaggia quotidianamente i privilegi che toccano ai campioni. I più attenti, quelli che a vederlo in campo si domandano perché, dovrebbero andare a ristudiarsi la già citata storia della Torre. Perché Balo è un attaccante mediocre e inconsistente per chiunque l’abbia visto giocare più di dieci volte, ma la stampa – adocchiando il personaggio oriundo, affascinante, ribelle – ne ha disegnato i tratti del campione.
Balotelli ha giovato a lungo di questo codazzo giornalistico che ne seguiva l’eco sussurrando: “È un bad boy, ma quanta grazia nei piedi!”. Finché un giorno ha scoperto che forse il Diavolo non è poi così contento di non essere brutto come lo si dipinge. Già, perché oggi il nostro Mario sta sperimentando amaramente il rovescio di quella stessa medaglia che l’ha reso celebre, amato e iperpagato. E cioè la necessità di dimostrare, finalmente, tutto quello che finora è stato detto su di lui.
Così, i magici tifosi del Liverpool attendono con impazienza che il cavaliere nero venuto dalle Italie tiri fuori dal cilindro colpi che in realtà Balotelli non ha, non ha mai avuto, e probabilmente non avrà mai, se non nei titoloni dei giornali o in qualche sporadico, fisiologico, golazo che ne dimostra l’insuperabile potenza muscolare (quella sì!).
Troppo poco, però, per uno che ormai tutti ritengono un bomber decisivo. Per un ragazzo triste, che oggi è comodo soprattutto come materasso, dacché è diventata una prassi quella di addebitargli le sconfitte degli altri 10 in campo. L’ha fatto Prandelli, lo sta facendo Rodgers. Contorcendosi nelle dichiarazioni grottesche di chi punta il dito su uno scambio di maglia a fine primo tempo (molti calciatori indossano una maglietta nuova durante l’intervallo, dunque che male c’è? E se anche fosse, perché nessuno crocifigge Pepe?), anziché domandarsi come può essere così orrenda una squadra che poche settimane fa sfiorava la vittoria della Premier League.
Domande, queste, che non interesseranno il nostro Mario ancora per molto. Archiviata l’ennesima sconfitta, pressoché esaurito il credito mediatico che ha trasformato un calciatore modesto in un fenomeno, il bad boy del calcio italiano dovrà cercarsi presto l’ennesima sistemazione di ripiego. Ma sarà facile trovare un altro Rodgers abbagliato dai titoloni e dagli highlights?