Home » La zampata del campione

Può capitare a tutti di giocare male una partita. Può capitare a tutti di giocare benissimo una partita. Può capitare a tutti di giocare, semplicemente, una partita.

Quello che però non può capitare a tutti, anzi capita solo a pochissimi, è essere un campione, far parte di quel ristrettissimo numero di giocatori che sanno spostare da soli l’equilibrio di una gara. Un gruppo di persone a cui capita di venire definite da chi li circonda”fuoriclasse” perché, oggettivamente, sono un po’ più forti degli altri, quelli che possono giocare bene, male o senza infamia né lode. Alla voce “campione”, il dizionario della lingua italiana dice: il giocatore, l’atleta, la squadra che eccellono in un’attività sportiva o che vincono un torneo o un titolo nazionale; questo significa che “campione” è colui che eccelle (e, magari, anche vince). Perché il campione può eccellere anche quando, paradossalmente, non eccelle per niente. Meglio ancora: un campione può spostare gli equilibri anche quando gioca decisamente male.

Come nel caso di Cristiano Ronaldo ieri sera, durante il Clásico: prestazione ectoplasmica ma nel tabellino c’è finito ancora una volta lui. Bravo non prendeva gol da otto partite e passa? Beh, CR7 ha posto fine alla sua striscia positiva con l’unica nota lieta della sua gara, il rigore tirato in maniera perfetta 10′ prima dell’intervallo. Il pallone pesava parecchio ma l’asso lusitano ha realizzato il tiro dal dischetto come se fosse la cosa più semplice del mondo e poi ha potuto così ripiombare nel suo rumoroso anonimato. In fondo, se ci si sofferma a pensare in quest’ottica, il peso specifico di quel penalty è stato tale che si potrebbe quasi affermare che a Ronaldo basta averlo trasformato per stabilire che l’attaccante dei Blancos abbia fatto il suo.

Quasi.

Perché il buon CR7, essendo appunto un campione, non poteva fermarsi lì, non doveva, nessuno si aspettava che avrebbe giocato male dopo. E invece ecco passaggi sbagliati a tonnellate e contropiede invitantissimi buttati a mare con rifiniture grossolane e assist dispersi nel nulla. Strana fenomenologia di un fenomeno: fa quel che serve di più quando serve di più ma poi si inabissa nell’anonimato. Per non uscirne fino al fischio finale, così come vi è rimasto immerso per la prima mezz’ora. Resta però un campione per quanto ha fatto prima di ieri e per quanto farà in futuro. Semplicemente, ha sbagliato una partita in toto (per sua colpa), eccezion fatta per quei pochi secondi in cui ha potuto dimostrare che è un fuoriclasse (per suo merito). E forse essere un campione è anche questo, se non soprattutto: incidere quando non lo si merita, quelle poche volte in cui non lo si sarebbe meritato, con nervi saldi e freddezza glaciale.

A fare da contraltare al chiaroscurale rendimento del #7 nel Clásico, però, c’è Karim Benzema. Altro campione ma molto diverso dal patinato gemello del gol portoghese. A differenza di Cristiano, Karim ha giocato un gran match (come lo scorso anno nella medesima occasione), rendendosi pericolosissimo quando tanti dei suoi compagni dovevano ancora entrare in partita e suggellando la vittoria finale con un diagonale tanto preciso quanto bello, il gol che ha definitivamente spezzato le gambe al Barça. Un giocatore mai troppo amato dai tifosi madridisti ma che spesso ha segnato gol decisivi per le sorti del suo club, senza mai scendere sotto le venti marcature stagionali dal 2010 in poi (per la cronaca, ne ha firmati 119 in 248 incontri, non proprio bruscolini). Un finalizzatore coi fiocchi nonché, a oggi, probabilmente il miglior partner d’attacco possibile per CR7, un fuoriclasse che ha risposto presente all’appuntamento di gala contro il Barcellona e che ha saputo trascinare la squadra alla vittoria, coadiuvato dai compagni più ispirati (Isco su tutti, ma anche Marcelo).

Come in una medaglia, la partita del Real Madrid (che pure di campioni ne ha tanti) ha una doppia faccia: quella del fuoriclasse che stecca e sbaglia l’interpretazione di una sfida e quella del fenomeno che indovina la gara e gioca alla grande. Il denominatore comune? Semplice, che giochi bene o male un campione la sua “zampata” la lascia sempre.

Come Karim che ha giocato bene, come Cristiano che ha giocato male.