Il calcio non è mai solo un gioco, specie se in campo si affrontano realtà come Serbia e Albania, i cui popoli stanno ancora oggi soffrendo gli strascichi della guerra del Kosovo. Con la sofferenza delle persone non si scherza e quindi, non appena il drone con la bandiera del Kosovo si è avvicinato al campo, è stato preso subito di mira dai giocatori serbi; le conseguenze sono quelle immaginabili, sarebbe come buttare un fiammifero acceso nel serbatoio di una macchina. Sai benissimo che esploderà, e infatti così è stato: rissa, sospensione dell’incontro e uno spettacolo che non fa una bella pubblicità al calcio europeo. Perché si è arrivati a questo, però? Si poteva impedire un accoppiamento così rischioso, sulla falsariga di quello che è stato fatto nei sorteggi europei per club in cui le squadre russe non avrebbero potuto affrontare quelle ucraine. Perché in quel caso sì e qui no? Il tempo non ha rimarginato le ferite di quel conflitto, quindi l’emergenza è ancora in atto; un Serbia-Croazia andato a buon fine può anche aver portato sulla strada sbagliata, ma nel dubbio credo che la sicurezza debba prevalere su tutto.
Si sono giocati 42 minuti, pochi per giudicare l’andamento tecnico della partita. Sono giudicabili invece i campioni del mondo della Germania che, dopo la scoppola con la Polonia, non sono andati oltre un pari con l’Irlanda: merito del gol allo scadere di O’Shea, alla centesima presenza con la sua nazionale. Tanti i dubbi intorno alla squadra di Joakim Low che, adesso, è addirittura quarta dietro a Polonia, Irlanda e Scozia: manca ancora tantissimo e la qualificazione non è nemmeno lontanamente a rischio ma qualcuno, all’interno della squadra, deve farsi un esame di coscienza e chiedersi se sta dando davvero il 100%. Non si può passare così velocemente dalle stelle alle stalle, non se sul petto vesti lo stemma della squadra vincitrice dell’ultima rassegna mondiale.
L’altra grande delusione post-Mondiale, ossia l’Olanda, paradossalmente sta facendo ancora più fatica dei tedeschi: qui la sazietà c’entra poco e allora ci si chiede che cosa non vada. L’Islanda è ormai una realtà consolidata del calcio europeo e, benché in molti continuino a considerarla una barzelletta, sono sicuro che nei prossimi anni potrà togliersi discrete soddisfazioni, sempre nei limiti di una nazione che può contare su un bacino d’utenza così piccola. Dopo questo 2-0 contro gli arancioni, adesso, non li si può più considerare una meteora. La nostra Italia non va di certo a gonfie vele, sia chiaro, quindi anche noi siamo in una fase molto sperimentale in cui, di partita in partita, cambiano diversi interpreti; e la melina sull’1-0 contro Malta ha ribadito, per l’ennesima volta, che a noi queste qualificazioni proprio non piacciono. Speriamo solo che l’atteggiamento contro la Croazia sia differente, perché la qualità degli avversari inizia ad alzarsi e, oggettivamente, in un girone così Conte può solo che arrivare primo, senza se e senza ma. Ma ne abbiamo già parlato fin troppo.
Chi non arriva primo, invece, è Michel Platini. Su cosa direte voi? Sulla questione della moviola in campo. Il fantasista francese ex Juventus si è soffermato sulle polemiche circa Juventus-Roma affermando di non aver nemmeno visto la partita e, soprattutto, di sapere già le accuse nei confronti nella formazione nella quale ha militato per ben cinque stagioni. La dinamicità del calcio lo porta a essere una realtà differente dal basket, dal football americano e dal tennis, questo è sicuramente vero: in tutti gli sport elencati vi sono pause più o meno lunghe in cui gli arbitri hanno il tempo di prendere le decisioni più difficili. Nel calcio questo non avviene e, spezzettare il gioco, non sarebbe una decisione da prendere a cuor leggero: ma nel 2014 è inaccettabile che si parli più delle decisioni dell’arbitro e dei suoi assistenti piuttosto che quelle di Pjanic davanti alla porta. Questione di mentalità, sicuramente, altrove non avviene e quindi è un nostro limite; ma a me risulta anche che spesso i giocatori protraggano le proprie esultanze per periodi prolungati di tempo, che le proteste intorno all’arbitro a ogni rigore assegnato siano lunghissime e che tutto questo tempo possa benissimo essere impiegato con la tecnologia. Eliminerebbe dubbi (ingiustificati) sulla malafede degli arbitri, risparmierebbe polemiche lunghe sei giorni (o anni nel caso di Turone) e restituirebbe quella credibilità al calcio che ultimamente è un po’ andata persa: anche perché veramente vogliono farci credere che non sia mai stata utilizzata? Nessuno mi toglierà mai dalla testa che l’espulsione di Zidane in una partita a noi tanto cara è avvenuta soltanto tramite la prova tv, altrimenti magari il finale sarebbe stato diverso. Ma siamo sicuri che la UEFA voglia davvero fare chiarezza su questi punti?