«Io ho sempre rispettato le scelte che venivano fatte per la Nazionale ma in Olanda ho fatto cinquanta gol. Sono tanti, eh». Perché forse la frase più sensata sul suo approdo in Nazionale l’ha detta proprio lui stesso, Graziano Pellè, match winner per l’Italia di Conte nella scialba prestazione di ieri sera.
Cinquanta gol non sono bruscolini e non vengono per caso, ha ragione lui. Prandelli aveva sempre glissato su una sua eventuale convocazione sostenendo che il livello del campionato olandese non è proprio altissimo: vero, ma per dirla con Pellè, cinquanta sono tanti da qualunque posizione si voglia guardarli e contarli. E sono il simbolo di un giocatore che ha sempre avuto la forza di rimettersi in discussione per arrivare laddove ha sempre desiderato essere: ai massimi livelli del calcio mondiale. Per arrivarci è passato oltre anche a svariati fallimenti personali, sempre alla ricerca di quel gol che pareva non volerlo baciare. Poi, due anni fa, sua eccellenza la rete ha deciso di benedire quel suo seguace così ostinato e volenteroso e l’ha premiato generosamente: 61 marcature dal settembre 2012 a oggi, tra tutte le competizioni, contando club e Nazionale.
Il centravanti salentino, peraltro, era anche venuto alla luce (in senso calcistico, ovviamente) come promessa del panorama giovanile sia a livello di club sia a livello di Nazionale, vincendo e convincendo con la primavera del Lecce (due scudetti e una coppa Italia) e segnando a raffica con l’Under 20 (sette gol in dieci presenze), per poi diventare una colonna del seguente ciclo di Under 21 e di selezione olimpica. Poi, complici anche le statistiche non esaltanti in zona gol con le maglie di club e la solita, spietata concorrenza interna per la maglia di centravanti dell’Italia, il suo nome è un po’ sparito dai radar del Belpaese. Una storia non troppo vecchia né particolarmente nuova: l’attaccante pugliese poteva benissimo essere l’ennesima promessa mai veramente sbocciata del nostro calcio.
In un mondo dall’alibi facile come quello del pallone, il buon Pellè si sarebbe potuto appellare a una qualunque scusa di repertorio tra la scarsa fiducia degli allenatori e il basso minutaggio ma lui, ancora una volta, ha scelto la schiettezza: «Se sono arrivato tardi in Nazionale è solo colpa mia». Chapeau, non capita spesso sentir dire frasi simili ai calciatori e anche questa piccola dichiarazione accresce la sensazione che Graziano sia un po’ diverso dagli altri, più vecchia scuola. Anche guardando con che grinta e che cattiveria agonistica si è inserito al Southampton si percepisce il sudore e la fatica coi quali è arrivato in Premier e nell’Italia, la rabbia di un uomo che gioca ogni pallone come se fosse l’ultimo anche perché questo traguardo costruito dal basso non vuole perderlo a nessuno costo.
«Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli». Questo non l’ha detto il centravanti dei Saints, stavolta, ma Vittorio Alfieri. Che, se avesse potuto giocare a calcio, probabilmente avrebbe fatto il centravanti. Come Graziano Pellè.