Formula 1 – Rosberg sbaglia, Hamilton ringrazia e va in fuga mentre tutti aspettano notizie dal Giappone

Nel sole di Sochi, prima volta storica nel circus, splende il numero 44 di Lewis Hamilton che taglia il traguardo per primo dopo aver conquistato la pole. Un weekend perfetto, che consegna nelle mani del campione del mondo 2008 un bel mattone pesante, da piazzare nella casetta per il titolo, equivalente a ben 17 punti di vantaggio sul compagno di squadra Rosberg. Nico, costretto ormai alla rincorsa dal gran premio di Monza, alza, dopo un paio di curve, bandiera e gran fumata monocromatiche, spiattellando così le gomme e la speranza di poter attaccare Lewis.

Detto delle Mercedes e del monopolio tinto d’argento di questo 2014 che si è finalmente concretizzato nel titolo costruttori, agli altri non restano che le briciole come al solito: Bottas si prende il podio mentre le rosse chiudono ancora una volta al limite della zona punti, evidenziando nuovamente un misto di incapacità a competere e di malumore firmato Alonso, ormai pronto a togliersi tuta e scarpe rosse, e schietto a fine gara quando ribadisce che la decisione è stata presa almeno un paio di mesi fa.

Vero o no, cambia poco, ma di certo non restituisce un barlume di speranza ai tifosi della scuderia di Maranello, da 5 anni ancorati allo spagnolo più che ad un progetto tecnico, e poco ottimisti su un futuro prossimo con il cambio della guardia. D’altronde, Fernando ha demolito prima Felipe Massa e poi Kimi Räikkönen, ha saputo gestire situazioni complicate tirando sempre fuori il coniglio dal cilindro e ha portato una macchina mediocre a competere tre volte per il titolo.

Lascia dunque un’eredità pesante a Vettel, che a Sochi le prende ancora dal compagno di scuderia Ricciardo, splendido anche nel paese del ghiaccio a dispensare sorrisi e sportellate; Sebastian chiude ottavo dietro all’australiano, e dopo una stagione da incubo non vede l’ora di cambiare aria, ma ancora una volta dimostra che senza un mezzo superlativo le sue qualità di costruire una gara d’astuzia, con tanta clava e poco fioretto, vacillano parecchio. Crolla anche Kvyat, l’idolo di casa, che non riesce a concretizzare l’ottima qualifica di sabato, precipitando al quattordicesimo posto, mentre le McLaren dimostrano di trovarsi a proprio agio sul tracciato russo, chiudendo entrambe appena giù da podio.

Il tutto mentre l’attenzione più grande, prima e dopo la gara, è rivolta inevitabilmente a quel che succede in Giappone, come se il tempo si fosse fermato esattamente ad una settimana fa, come se fosse possibile esorcizzare quello che oggi resta un evento tragico assurdo, quando in realtà le lancette degli orologi hanno continuato a scorrere facendo ascoltare al mondo l’ennesimo esempio di autocritica mancata, una conferenza stampa di routine indetta in settimana, giusto per sottolineare che la direzione gara ha agito in maniera impeccabile e rifarebbe tutto con le stesse procedure.

Si tratta di pura fatalità, o comunque di sfortuna e nulla più, questo è il triste messaggio fatto filtrare dalla direzione, un caso insomma se oggi un ragazzo di 25 anni, dopo essersi schiantato contro un trattore a 231 km orari, si trova in condizioni tragiche su un letto d’ospedale in Giappone, dove il tempo vorremmo tutti che si fosse davvero fermato, ma che purtroppo, invece, sarà l’unico elemento in grado di darci una risposta. Forza Jules.