La politica del rigore
Juve-Roma non è mai stata né sarà mai più una partita come le altre.
Nel cielo sopra Torino sin dal primo pomeriggio già si stagliavano ombre lattiginose, qualche lupacchiotto giallorosso già giurava d’aver decifrato in una nuvola la sagoma di Turone.
La sfida tra Platini e Falcao, Sergio Brio e la rovesciata di Pruzzo, la rimessa laterale di Aldair e il rigore di Gautieri, le prodezze di Zidane e Nedved o, buon ultimo, il gol di Osvaldo. Il film “Ultrà”.
Richiami sedimentati e tramandati che si incrociano e s’accumulano intorno ad un evento ormai investito di connotati trascendentali, che nemmeno Faraday riuscirebbe a isolare magneticamente.
In questo clima da revival della guerra fredda, l’arbitro Rocchi si è materializzato come elemento scatenante, innescando una serie di reazioni a catena degne del regista Blake Edwards e della Pantera Rosa. Un errore tira l’altro, fino a generare una catastrofe calcistica dalle proporzioni nucleari, in uno degli unici due incontri di questo campionato che ancora poteva dare un senso ad una morta stagione, già incanalata verso una conventio ad excludendum dupolistica. Certo, c’è ancora la partita di ritorno, ma l’attesa sarà lunga e per niente serena.
Non scendiamo nel merito delle decisioni di Rocchi, ci limitiamo ad osservare come nei recenti mondiali, dopo il generoso rigore concesso a Neymar nella partita d’esordio dei padroni di casa, vi sia stata una sterzata decisa verso arbitraggi meno burocratici e più orientati a privilegiare il calcio reale. Con il metro di Rocchi, nella finale in mondovisione tra Germania e Argentina, non sarebbe stato illogico fischiare rigore ed espulsione per l’uscita pericolosa di Neuer su Higuain. Cambiando l’esito della competizione in base a un accadimento circostanziale e lontano dalla pericolosità reale di un’azione da goal. Come è stato domenica per il rigore sul braccino raggomitolato di Maicon o per quello dal sentore di sacrestia e riparazione, concesso pochi secondi dopo alla Roma, in virtù dell’abbraccio grecoromanico su Totti, a cinque metri da una palla che andava innocuamente vagando altrove per i fatti suoi.
Neanche stavolta son mancate le interpellanze parlamentari, le dichiarazioni di sdegno dei tifosi illustri, le risposte piccate di Totti&Co., i tweet salottieri di Lady Agnelli, le teorie complottiste applicate. Tutto amplificato dal rotolamento a valanga dei social network, che hanno consentito di leggere frasi tipo “siete voi quelli di Ustica”, “siete i grillini del calcio”, fino alla requisitoria di Marco Travaglio, che ritorna a parlare di Moggi. Perfino l’intercettazione di un sms che dovrebbe comprovare l’afflizione postuma del protagonista del “Rocchi Horror Show”. Ognuno mettendoci sopra la propria mandorla di cianuro.
Non è mancato niente, a parte il gusto di godersi una partita che fosse solo e soprattutto tale. Ma forse per questo dovremo aspettare i prossimi mondiali. O la partita di ritorno, sperando che non tocchi di nuovo alla Pantera Rosa Rocchi, ma a qualcuno di caratura internazionale. In fondo, nella finale di Rio de Janeiro, fu proprio l’italiano Rizzoli a dimostrare che un altro metodo di arbitraggio, è possibile.