Le pagine rosa che oggi scrivono di Mister Maurizio Sarri, allenatore dell’Empoli neopromosso, sono quelle della Gazzetta dello Sport. Ma avrebbero potuto essere anche quelle del Sole 24 ore. Ex dipendente di banca, Sarri si occupava di aziende e finanza, coltivando nel tempo libero quella passione che lo portava ad allenare sui campi delle periferie calcistiche. Un investimento oneroso ma alla lunga anche fruttuoso, che gli è valsa una remunerazione gratificante, concedendogli un’apertura di credito in un mondo solitamente chiuso a chi non vanta pedigree giovanili professionistici. Fortuna che un ex rappresentante di scarpe di Fusignano, trent’anni fa aveva già scardinato le abitudini di un circuito ormai non più chiuso.
Alieno di provenienza come Sacchi, ciclista come Guidolin, fumatore come Zeman. Ma per il resto, Mister Sarri difende una propria identità fondata sul lavoro e il sacrificio, rafforzata da una gavetta ventennale, che lo ha visto passare dal Sansovino, che portò dall’Eccellenza alla C2, all’Arezzo, dove andò a sostituire il dimissionario Conte. Considerato un insegnante di calcio dagli addetti ai lavori, Sarri non insegue profetiche crociate postmoderne, propugnando moduli rigorosi e inflessibili, ma applica strategie di gioco versatili, con grande attenzione ai calci piazzati. Ne sa qualcosa il Milan, trafitto prima su calcio d’angolo da un movimento di Tonelli (ma ogni schema per riuscire abbisogna anche della complicità dei difensori, Bonera in questo caso), poi da Pucciarelli, che sullo sviluppo linearmente euclideo di un calcio piazzato, ha tracciato in rete la conclusione vincente.
Certo, a differenza di colleghi più giovani, da Montella a Stramaccioni o Di Francesco, che fanno del modulo di gioco il proprio tratto distintivo da comunicare alla squadra, Sarri porta con sé un retaggio caratteriale maturato sui campi minori che stenta a piegarsi a logiche di sudditanza padronale, spesso presenti sui campi della massima serie. Due espulsioni in quattro partite, seguite a fine partita da dichiarazioni rese senza giri di parole, per lamentare trattamenti impari. Tacere, sarebbe un insulto alla strada percorsa per arrivare sin qui, e una mortificazione per un’intelligenza brillante.
Dopo quattro partite, il lavoro dell’ex bancario ha già fatto in modo di migliorare il rating iniziale dell’Empoli. La squadra dei ragazzi italiani non rinuncia a proporre gioco, pressa e sfrutta le incursioni laterali ma contemporaneamente tende a verticalizzare con rapidità. Propone e si espone. Non è detto che si salvi, visto che le differenze tecniche finiranno comunque per avere il loro peso, ma probabilmente potrà competere con le pari grado dall’atteggiamento più guardingo e sparagnino. Sicuramente a beneficiarne saranno quei giocatori più promettenti, come il difensore Rugani, che usciranno fortificati da un’esperienza da titolari in serie A, al servizio di un collettivo organizzato. Se ciò che serve ai ragazzi è un’opportunità per crescere, Sarri è l’allenatore adatto per fornirgliela.
Anni fa ad Empoli si fece conoscere un certo Luciano Spalletti. Questa volta potrebbe essere arrivato il turno di un nuovo allenatore. Non proprio di primo pelo, ma ispido quanto basta per affrontare la prova della serie A con la forza della proprie idee e una comprovata tenacia caratteriale. La Toscana e le banche da secoli hanno legato la propria storia. A ben vedere non è poi così sorprendente la scelta empolese di un ex bancario, per valorizzare il capitale umano. In bocca al lupo, Mr. Sarri.