Australia 2022?

L’hashtag c’è e i motori si riscaldano. Tra speculazioni ed effettive possibilità, tiene banco la questione del Mondiale 2022, assegnato al Qatar ma sempre più al centro della polemica.

È di ieri, per esempio, l’uscita di Theo Zwanziger (membro del comitato esecutivo della FIFA), secondo cui “i Mondiali 2022 non si svolgeranno in Qatar per via dell’eccessivo caldo”. Posto che è lecito avere dubbi sul fatto che il problema climatico si sia scoperto solo oggi, resta un’affermazione perentoria con cui fare i conti. La FIFA ha prontamente smentito ma la notizia è di quelle rumorose.

Nonostante gli organizzatori si dicano sicuri (almeno a parole) di ovviare al problema del caldo grazie alle più moderne tecnologie per la climatizzazione degli impianti, non è impossibile un cambio di location per la manifestazione iridata che seguirà Russia 2018, per la coppa che dovrà nuovamente lasciare l’Europa per esplorare il mondo.

Bene allora pensare alle alternative e in pole position sembrerebbero esserci gli Stati Uniti, forti di una proposta dal riscontro molto positivo in sede di voto, certo disposti al bis dopo USA 1994. Ma se è vero che le cose, nel frattempo, sono cambiate e si tratterebbe di un’organizzazione diversa rispetto a 20 anni fa, mi permettano gli amici appassionati di calcio nordamericano di dire che al calcio occorrerebbe davvero espandere i propri confini, o comunque portare la competizione più importante del pianeta su terreni nuovi, che il mondiale non lo hanno mai visto.

L’importante, in questi casi, è esplorare luoghi che hanno voglia di calcio ma che già danno prova di esserci. Di tenerci, di crescere: ecco, l’Australia è tutto questo e molto di più.

Perché, dunque, Australia 2022? Perché parliamo di un paese dalla grandissima cultura sportiva, già campione iridato in sport globali o quasi tali come il cricket e il rugby. Perché già ha ospitato manifestazioni internazionali, vive lo sport in una maniera tutta sua, in modo genuino.

Banco di prova sarà, quest’inverno, la Coppa d’Asia, in gennaio ospitata dalle città e gli stadi di Sydney, Newcastle, Brisbane, Camberra e Melbourne. Si tratta di impianti polifunzionali, capaci di ospitare tutti gli sport di massa praticati nell’Emisfero Sud, toccati ora da quello più diffuso globalmente.

L’altra possibilità è salvare Qatar 2022, spostandolo in inverno. Ma a quali spese per i campionati nazionali e per la Champions League? Non sembra un’idea percorribile, o per lo meno gli interessi attorno ai grandi tornei per club sono troppo importanti per un cambio di formula e calendario.

Continuerei a tenere in fresco, nel dubbio, l’opzione australiana: movimento in crescita, campionato in salute e, piano piano, competitivo almeno a livello continentale (i Wandererers sono in semifinale di AFC Champions League e ai quarti hanno eliminato il Guangzhou Evergrande di Lippi, Diamanti e Gilardino), finali giocate davanti a oltre 50 mila persone, attenzione che aumenta sempre più. Gli ingredienti ci sono tutti e, non ce ne vorranno i qatarini, Australia 2022 suona proprio bene.

Sicuro non ci sarebbe il problema del caldo: la nostra estate è l’inverno australiano. Agli altri codici del football ci giocano da Dio, immaginatevi a calcio.

Alla fine credo che il Mondiale del 2022 non si giocherà un Qatar. I medici dicono che non accettano alcuna responsabilità per una coppa del mondo che si giochi in quelle condizioni. Possono costruire stadi freschi, ma la Coppa del Mondo non si gioca solo lì. I tifosi di tutto il mondo si imbatteranno nel clima torrido del Qatar e il primo caso di pericolo di vita scatenerà un’inchiesta di un pubblico ministero e la FIFA non vuole arrivare a questo (Theo Zwanziger)

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Matteo Portoghese