Inzaghi e la voce del silenzio

E improvvisamente ti accorgi che il silenzio ha il volto delle cose che hai perduto.

Quanto ne sapevano Mogol, Elio Isola e Paolo Limiti — sì, proprio quel Paolo Limiti. Credo che fra tutte le possibili interpretazioni possibili de “La voce del silenzio” (stupenda canzone portata a San Remo nel 1968 da Tony Del Monaco in coppia con Dionne Warwick e poi reinterpretata da Mina in una versione diventata più nota dell’originale), mai i loro autori avrebbero pensato che un giorno sarebbe stata associata a una partita di calcio. E invece, siamo qui per questo.

Milan-Juventus di sabato sera è stata una partita che ha corso per tutti i 90 minuti sulle note della voce di Mina, nonostante la partita di cartello qual era, nonostante gli 80.000 spettatori. La colpa? Tutta di Filippo Inzaghi.
Va bene aver timore e rispetto per i tre volte campioni d’Italia, va bene modellare una squadra tecnicamente più debole sulla pelle dei bianconeri, va bene anche fare una fase difensiva in nove o dieci uomini. Ma far spegnere l’entusiasmo e la voglia di 80.000 mila spettatori (forse qualcuno meno, vista la folta presenza juventina) è il primo grande peccato mortale che ha compiuto Inzaghi da quando fa l’allenatore. Proprio lui che non perdeva occasione per mettere in campo tutta la sua elettricità e la sua voglia di gol per far scoppiare il pubblico di San Siro, in alcune partite diventato vero e proprio dodicesimo uomo in campo.

Da allenatore, il buon Pippo, ha scoperto un sentimento che da giocatore probabilmente non ha mai provato: la paura. Ha lasciato il suo Milan in balia dei minuti, permettendo che il tempo scorresse via inesorabile senza aggredirlo e addentarlo famelico come solo lui sapeva fare. Ha perso — di fatto — il vantaggio di giocare in casa, riuscendo a zittire l’intero popolo rossonero presente allo stadio, pronto a spingere undici guerrieri nella “battaglia” contro i più forti e invece rimasto seduto ad assistere a un povero spettacolo. Sarebbe servito un clima da spartani nelle Termopili, da Leonida contro Serse, da Rocky contro Ivan Drago. E invece niente di tutto questo.

E quello che mi manca nel mare del silenzio mi manca sai, molto di più.

Inzaghi e il Milan hanno perso. Ma hanno perso prima di prendere gol, hanno perso nel silenzio. Perdere combattendo, provando a giocare a calcio, infiammando il pubblico e uscendo da un San Siro urlante avrebbe avuto un altro senso.
Una vittoria che non arriva nel silenzio manca sai, caro Pippo, molto di più.

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Francesco Mariani