Evviva il calcio moderno
La UEFA ha annunciato che lo stadio di Wembley ospiterà la finale dell’Europeo 2020. Per la prima volta, tuttavia, questo non significa che l’Inghilterra organizza la competizione tutta: è l’europeo itinerante, la novità assoluta del momento.
Chi scrive non indulge spesso nello slogan “no al calcio moderno”, sia perché lo trova abbastanza vuoto e anacronistico, sia perché di fatto siamo noi ad essere moderni. E il calcio non fa che riflettere la società, o comunque ne segue i trend.
Se insomma è vero che sarebbe ridicolo, con lo stato attuale dei campionati e il giro d’affari da essi alimentato, ripristinare la Coppa dei Campioni di una volta, confesso che la nuova formula del calcio continentale per nazionali mi ha lasciato inizialmente perplesso. Pure parecchio, perché insomma l’abitudine di “scoprire” il paese ospitante resta un rassicurante viaggio nei ricordi: Inghilterra ’96, Belgio-Olanda 2000 e così via, alla scoperta (anche) di cittadine che altrimenti la ribalta della platea internazionale se la sarebbero sognata, o quasi.
Nel caso dell’Europeo inglese, inoltre, significò qualcosa di (altrimenti) irrealizzabile, come il calcio internazionale in stadi diversi da Wembley, casa di tutte (anche troppe…Dicono i dati dell’affluenza all’ultima amichevole dell’Inghilterra) le partite dei Tre Leoni, unica sede di una nazionale non itinerante, bello o brutto che sia.
Itinerante invece sarà l’Europeo 2020, dicevamo, e finisce per essere anche una novità positiva. Purché la prassi, tra Coppa America, Mondiali e via dicendo, non cambi del tutto e si confermi come predefinito e abituale il format del paese (paesi?) ospitanti, è un Europeo che sa di Champions League, giocato solo in stadi di altissimo profilo e davvero incarnazione calcistica di un continente popolato, vasto, ricco di storia del calcio.
Rimane da valutare l’impatto che gli spostamenti avranno sui giocatori, tuttavia abituati ai ritmi del campionato e delle coppe europee, a viaggi lunghi anche a ridosso di gare chiave, a spostamenti verso luoghi “nobili” o meno nobili del Vecchio Continente. Ma cambiare si può e a volte si deve: osare non è reato.
Un po’ come il format a 24 squadre, finalmente rappresentativo di più paesi e in qualche modo alternativa all’irraggiungibile mondiale per potenze storiche ma minori del calcio, non mancano né mancheranno i critici, che non accetteranno la novità e la bolleranno come calcio moderno.
E magari è un’idea all’avanguardia e affascinante e allora lo dico: evviva il calcio moderno, evviva il calcio che fa i conti coi suoi progressi. Wembley val bene una messa.