Il GP di Singapore nella storia
La storia del Gran Premio di Singapore, in virtù della sua giovane età, va declinata quasi al passato prossimo, al contrario di altri circuiti il cui nome evoca imprese epiche.
La prima edizione è datata 2008, sebbene origini motoristiche di Singapore affondino le radici nei primissimi anni ’60. Nel 1961 venne infatti istituito il Gran Premio di Malesia, rinominato Gran Premio di Singapore nel 1965, a seguito dell’indipendenza dell’isola, che si disputò fino all’inizio del 1973.
La peculiarità del nuovo circuito risiede soprattutto nel suo “contorno”, ovvero nel suo suggestivo e originale svolgimento in notturna, che permette di uniformare l’orario di trasmissione allo standard europeo. La gara inaugurale, fin dalla vigilia, suscitò negli appassionati molta curiosità e il verdetto in pista non deluse le attese.
La vittoria di Fernando Alonso, su Renault, giunse quasi inaspettata, grazie a una serie di eventi rocamboleschi destinati a tingersi di giallo. La svolta che permise allo spagnolo di vincere una gara iniziata in quindicesima posizione si materializzò con l’ingresso della Safety-Car, resosi necessario dopo l’incidente del compagno di squadra Nelsinho Piquet.
Felipe Massa su Ferrari, detentore della pole-position e in testa fino a quel momento, al rientro nei box per il pit-stop incorse in uno spiacevole inconveniente. A causa della mancata coordinazione coi meccanici ripartì quando il bocchettone del rifornimento benzina non era ancora stato rimosso dal serbatoio, trascinandosi il tubo fino quasi all’uscita della pit-lane. Il tempo occorso ai meccanici per sistemare l’inconveniente lo privò della possibilità di lottare per le prime posizioni.
Mesi dopo affiorarono i contorni di una trama ben più intricata e avvincente di quanto apparso in pista. Nelsinho Piquet confessò ai vertici della FIA di essere stato consigliato dai responsabili della scuderia, Flavio Briatore e Pat Symonds, di provocare intenzionalmente un incidente per obbligare l’ingresso della Safety Car, favorendo così la vittoria del compagno di squadra. La vicenda, dopo vari appelli e una sentenza di radiazione per Briatore emessa dalla FIA, si concluse con la squalifica dei due direttori fino al 2012, ma senza modifiche alla classifica dei punteggi in gara.
L’anno dopo fu Lewis Hamilton a imporsi, scrivendo il suo nome in un album che, fino a oggi, risulta monopolizzato da Fernando Alonso, che vinse anche l’edizione del 2010 su Ferrari e da Sebastian Vettel, capace di dominare le ultime tre edizioni su Red-Bull.
Lo spagnolo e l’austriaco hanno mostrato di apprezzare la conformazione di questo circuito, capace di amplificare al massimo la loro capacità di spingere al massimo l’acceleratore e, al contempo, di scivolare dolcemente lungo le sue curve.
Lo spagnolo, complice una monoposto complicata da guidare e poco competitiva rispetto alle aspettative, si presenta al via in un modo dimesso che non gli è proprio. Fra le pieghe della sua disillusione paiono balenare gli scintillii del campione che, per due volte, ha tagliato il traguardo senza concedere un centimetro agli avversari e che qui ha sempre ottenuto risultati rilevanti.
Il tedesco, invece, complice una vettura di ottima qualità, emerge anche in questa edizione come uno dei favoriti per sollevarsi sul gradino più alto del podio. Rispetto al giovane neo-campione del Mondo, che nel 2011 colse la prima delle sue tre vittorie su questa pista, possiede oggi una maturità e una consapevolezza di sé stesso e del proprio mezzo che quasi sembra avvolgerlo in un’aura carismatica.
Ciò non basta però a designarlo come vincitore annunciato. Dietro ad Alonso, desideroso di mostrare a tutti di essere ancora lontano dal viale del tramonto, scalpitano i due piloti Mercedes, entrambi in lotta per il Mondiale, Nico Rosberg e Lewis Hamilton.
Solo domenica pomeriggio potremo scoprire se, sotto alla bandiera a scacchi, transiterà per primo un affezionato cliente oppure un novizio dell’albo d’oro del Gran Premio di Singapore.