Conte CT: rimettersi in gioco in poche mosse

La prima è sempre la partita più difficile, si dice. C’è da rompere il ghiaccio. E non si può certo pensare che il test di venerdì scorso, contro l’Olanda, potesse essere probante (sì, è stata una vittoria, e sì, erano sul podio mondiale… ma la partita vera è durata dieci minuti).

Ieri, contro la Norvegia, per la prima volta la nazionale di Conte si è giocata qualcosa: i tre punti, per cominciare una cavalcata che salvo complicazioni sarà lunga due anni. È stata una vittoria: 0-2 in casa della Norvegia, pochi dubbi sulla nettezza del risultato. Nel duplice senso che vincere in trasferta con due reti di scarto è un ottimo risultato, e anche che la Norvegia si è rivelata davvero poca cosa. Forse quando il quindicenne Odergaard sarà cresciuto; ma per ora non è un vero avversario di livello.

Dovendo tracciare un primissimo bilancio della gestione-Conte, quindi, i tre punti alla fine sarebbero soltanto un utile abbellimento. Cioè: sarebbe stato grave non fossero arrivati, contro un avversario del genere (ancora quindici anni fa sarebbe stata un’altra storia). Più interessante è guardare come è arrivato il risultato positivo: con una sterzata decisa da quelli che erano stati i dettami del ciclo precedente.

In breve: il progetto di Prandelli era quello di un’Italia più giovane, che facesse bel gioco, che scendesse in campo in modo spavaldo; il tutto con l’applicazione (saltuaria?) di un codice etico. Si era affidato molto ad alcuni giocatori (anzitutto Balotelli, ma anche Cassano): un rischio che non ha più pagato. A Euro2012 era andata benone, in Brasile quasi non si è visto niente del genere.

Come era immaginabile, dopo un fallimento discusso e discutibile, si volta pagina: e Conte sceglie di farlo recuperando alcuni esclusi di livello (Florenzi, Giaccherini, Ranocchia), dando nuovo spazio ad altri un po’ emarginati (tra cui Bonucci), e mantenendo quanto di buono si era trovato (Darmian). Tutto questo senza convocare Balotelli (anche se le mura degli spogliatoi non parlano, possiamo immaginarne i motivi), affidandosi a Zaza e Immobile (scuola Juventus, e qualcosa vorrà dire), senza schierare Pirlo né Verratti (ieri in panchina).

Presidente federale nuovo, commissario tecnico nuovo: dettami nuovi, idee e prerogative nuove. Tavecchio sulla tolda di comando (piaccia o meno, ormai è un fatto), Conte sul lato tecnico (idem). Adesso si gioca anzitutto per il risultato immediato, senza volere educare e costruire (troppo) per il futuro possibile. Si programmano campioni, ma badando subito all’immediato. È un azzardo, diverso dal precedente: vedremo se pagherà.

Due altre cose sono sicure: la prima è che con Conte bisognerà essere bravi a scindere la persona dai risultati. Il carattere dell’uomo lo conosciamo (lo ricorderà anche Angiolo Radice, giornalista di Mediaset), e dobbiamo farci la tara; sapendo che anche qui, rispetto a Prandelli, siamo agli antipodi. Ma alla fine i risultati dell’ultimo triennio parlano per Conte, ed è sulla base dei successi futuri che dovremo valutarlo.

Il secondo aspetto è strettamente legato all’aspetto tecnico: “risultati subito” è l’imperativo. Potrebbe essere premiante o meno, vedremo. Quello che vedremo, anche, sarà l’eventuale attenzione che il nuovo corso potrà dedicare ai nuovi giovani e agli emigrati: in altre parole, siamo curiosi di vedere se potrà venire recuperato un Criscito, mentre Immobile verrà seguito costantemente; oppure come ci comporteremo con Cristante, che alla Serie A ha preferito il Benfica, andando a giocare in Champions e in una realtà completamente diversa.

La gestione-Conte, alla fine, è un rimettersi in gioco: dell’allenatore pugliese in un contesto diverso dalla Juventus, e dei giocatori in un contesto pressoché privo di alibi (gli spaccaspogliatoio sono fuori, diciamo). Uno come Cristante ha scelto, a soli 19 anni, di andare a mettersi in gioco in Portogallo: se arriverà in nazionale, qualcosa vorrà dire anche per chi è rimasto in Italia. E questo Conte lo sa.

Poscritto. Per un minuto ci travestiamo da tifosi. E diciamo: Alberto Rimedio è in gamba, Dossena aveva i suoi difetti… ma ridateci Bizzotto prima voce, almeno per un altro ciclo mondiale.

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Pietro Luigi Borgia