Toh, chi si rivede
Chi non muore si rivede.
Si potrebbe sintetizzare così la storia del Perugia nell’ultimo decennio: la caduta dalla Serie A fino ai dilettanti complice il crack finanziario (e relativa fuga all’estero) di Gaucci e la risalita seguente, faticosa e interminabile, che porta all’attuale primato solitario (in attesa di Vicenza-Latina) nella classifica di Serie B.
Tantissime cose sono cambiate nel capoluogo umbro da quel 1998/1999 in cui il Grifone biancorosso si presentò nel massimo campionato nazionale con giocatori del calibro di Milan Rapaić o Hidetoshi Nakata e, per adesso, si sta parlando solo di un primo posto momentaneo in una cadetteria che ha visto svolgersi solo due giornate di un torneo estenuante e fisicamente durissimo ma, vedendo la squadra di Campione svettare, non si può non pensare a quei sei anni d’oro in cui la società umbra si trovò addirittura a decidere l’assegnazione di uno scudetto (il gol di Calori in un bagnato pomeriggio di maggio, ricordate? No, non umido, proprio bagnato).
Ovviamente è prestissimo per dire se questo Perugia riuscirà nel miracolo di tornare nel paradiso calcistico italiano ma, come si dice, chi ben comincia è già a metà dell’opera e la squadra è costruita singolarmente bene: un bel miscuglio di giovani di ottime speranze (Fossati su tutti ma ci sono anche Perea e Vinícius, in prestito dalla Lazio, senza dimenticare Verre e Goldaniga), elementi di categoria pregiati (Del Prete), un paio di scommesse da vincere (lo stesso Falcinelli, Lanzafame e Marco Rossi) oltre agli immancabili veterani reduci da anni di A che in B potrebbero anche essere considerati un lusso, tra i quali ovviamente spicca Rodrigo Taddei che, per l’occasione, ha scelto di vestire la maglia numero 10.
Dunque ecco un Grifone che è sì ricco di storia nel blasone ma è anche ricco di storie, al plurale, dentro di sé: da quella notissima del suo nuovo uomo squadra ex Roma a quella del succitato Fossati, girovago regista di cui si dice benissimo da un lustro ma ancora atteso dalla consacrazione che sembra non voler mai arrivare, a quella di Giacomazzi, in fuga dal “suo” Lecce ormai da due anni e accasatosi proprio presso una di quelle squadre che hanno impedito ai salentini di trovare la cadetteria lo scorso anno. Corsi e ricorsi storici, insomma, come quelli che hanno per protagonisti Lanzafame e Rossi, ex piccoli prodigi annunciati che dopo una o due stagioni di buon livello si sono poi persi nei meandri del pallone nostrano, finora apparentemente incapaci di rialzarsi e che contano sulla piazza umbra per rilanciarsi e dimostrare a tutti che c’era ancora tantissimo calcio dentro di loro.
Un bel progetto insomma, imperniato sul 4-3-3 offensivo di Andrea Campione che propone un possesso palla rapido e tendente alla verticalizzazione mettendo addirittura in mostra un falso nueve in mezzo all’attacco: proprio in quel ruolo è atteso Diego Falcinelli, il quale dovrà dimostrare che, se finora non è esploso, non è stata colpa sua. Finora i fatti danno ragione al centravanti nativo proprio di Perugia, che ha già fatto registrare due gol nelle prime due partite di campionato, entrambe portate a casa contro due nobili decadute e ambiziose come Bologna e Bari, entrambe vinte segnando de reti.
Una squadra che non si può non apprezzare per storia, sagacia negli investimenti e ambizioni: il Perugia è tornato. Se per restare, lo dirà il campo.