“VotaAntonio, votaAntonio, votaAntonio. Italiano votaAntonio La Trippa”. Impossibile non riconoscere lo slogan elettorale usato da Totò nell’indimenticabile film Gli onorevoli. Cinquant’anni dopo, in un altro contesto, c’è un altro Antonio, che non ha avuto bisogno di pubblicizzare la sua candidatura con un imbuto travestito da megafono, ma che ha ricevuto direttamente un’investitura dall’alto, frutto di quanto di buono messo in mostra negli anni passati.
Archiviata la prima giornata di campionato senza particolari polemiche, e questa di per sé è una grande notizia in Italia, e la sessione estiva di calciomercato con i consueti scossoni dell’ultim’ora (Biabia-sì o Biabia-no? Biabia-ny), ora bisogna pensare alla Nazionale. Dopo la figuraccia brasiliana, il movimento azzurro è chiamato a ripartire. Ancora una volta. E deve farlo in fretta e concretamente. L’uomo scelto per la rinascita è l’ex allenatore della Juventus Conte, che fa Antonio di nome.
Domani a Bari l’amichevole contro l’Olanda, un avversario che in questo momento ci è superiore a livello tecnico e, soprattutto, di mentalità, martedì 9 l’esordio nel Gruppo H delle qualificazioni europee, a Oslo contro la Norvegia. Bisogna partire col piede giusto, non c’è alternativa. Perché gli azzurri sono superiori agli scandinavi e perché quando sei quattro volte campione del mondo il tuo destino è quello di vincere.
Già, ma la tragedia calcistica vissuta in Brasile dalla nostra Nazionale e dall’intero movimento azzurro è freschissima e i dubbi sono tanti. La vittoria ai Mondiali della Germania, qualora non fosse bastata la nostra figuraccia, ci ha fatto capire che non è sufficiente lasciare a casa Balotelli, ma che è necessario rifondare, puntare sui vivai, dar fiducia ai nostri giovani non solo nelle provinciali, ma anche nei grandi club.
E proprio su questo aspetto si è voluto soffermare il nuovo commissario tecnico nella prima conferenza stampa da selezionatore azzurro: “Mi è stato assicurato che si cercherà di aiutare il movimento e, per farlo, serve dare più spazio ai giocatori italiani, perché è inutile nascondersi che andando avanti così si rischiano solo brutte cose”.
Nello stesso giorno in cui Conte pronunciava queste parole, però, il Milan cedeva un diciannovenne italiano di grandi prospettive, Bryan Cristante, ai portoghesi del Benfica, scatenando i malumori dei tifosi e di quelli che, soltanto due mesi fa, credevano davvero che il calcio italiano potesse rinascere. Contestualmente, in Italia si facevano grandi proclami per l’arrivo di un giocatore in fase calante come Torres, che uno come del Bosque, non a caso, ha deciso di non convocare per i prossimi impegni della Roja.
I segnali, purtroppo, non sono dei migliori e il dubbio con cui apriamo questo editoriale è lo stesso che ci attanagliava quattro anni fa, quando Cesare Prandelli fu chiamato a rifondare dopo il disastroso Lippi bis. Anche allora ci si riempiva la bocca di buoni propositi, si respirava aria di novità, ma sappiamo com’è andata a finire. Oggi, il calcio italiano è, se possibile, ancora più in crisi e la Serie A è diventata una “colonia” per i ricchi d’Europa, per citare la definizione di Sebastiano Vernazza sulla Gazzetta di ieri.
Nella speranza che non si viva una nuova situazione da “solo contro tutti”, guardiamo al futuro con fiducia. Per questo noi siamo con Conte, ma la Federazione, la Lega e le società italiane non si sa. Sarebbe il momento di dimostrarlo, non solo a parole, e di invertire la rotta. Perché anche chi gioca nella Primeira Liga do Portugal, oggi, viene a far razzia in Italia.