Il mercato del porcellino

Sono volati nomi grossi. Da Falcao a Khedira, da Lavezzi a Jovetic, per qualche ora è sembrato possibile che i fuoriclasse in esubero del G8 europeo – quel ristretto numero di squadre che maneggia i milioni con la disinvoltura che apparteneva alle nostre squadre nella bell’età dell’oro ch’è fuggita tuttavia – potessero approdare di nuovo nel Belpaese, magari perché sedotti da una reminiscenza di Dolce Vita, dalla dieta mediterranea o dalla soave bramosia del bello storico – paesaggistico. Invece poi hanno scelto i milioni di dollari, in paesi freddi e tecnocratici. Cuori ingrati, venali asset pedestri di una cinica civiltà che capitalizza affetti e non ridistribuisce emozioni. Non sanno che si perdono. O forse sì. E siamo noi a dover aggiornare le aspettative.

In quest’estate di grazia 2014, il colpo più eclatante del mercato è stato l’acquisto di Iturbe da parte della Roma. Con tutto il rispetto per il giovane sudamericano, reduce da un buon campionato al Verona dopo aver deluso al Porto, non stiamo parlando ancora di un riconosciuto e acclamato campione, per quanto gli si voglia augurare un radioso futuro.

Nelle ore finali, l’assalto ai grandi magazzini, la ricerca dell’ultimo sconto, la rottura del porcellino e la conta degli spicci per accaparrarsi la rimanenza al prezzo d’occasione. A fine giornata la frutta costa meno, perché chi vende altrimenti dovrebbe riportarsi a casa la merce.

Se l’anno scorso, dalla sfoltita delle rose altrui erano arrivati Tevez, Higuain e Gomez, quest’anno toccherà a Fernando Torres cercare di beneficiare dell’aria termale della serie A, per ritrovar se stesso. Con lui, diversi over 32: da Saviola e Marquez (comunque buoni colpi per il Verona) a Vidic (“Qui giocherai con la sigaretta in bocca”, lo ha convinto il collega di Nazionale Stankovic). Forse non possiamo ancora parlare di cimitero degli elefanti – fanno ancora in tempo, tra qualche anno, a raggiungere Del Piero in India – ma è certo che l’apice della loro carriera è stato toccato diversi anni fa.

Nel frattempo, son partiti i giovani attaccanti azzurri, bruciati dall’esperienza mondiale e in particolare dalla partita con il Costa Rica. Senza nemmeno troppi rimpianti di pubblico o di stampa – finanche con malcelata soddisfazione dei moralisti – Balotelli è andato al Liverpool. Immobile al Borussia Dortmund, Cerci all’Atletico Madrid. Insigne l’unico a rimanere, sperando che non naufraghi nelle difficoltà ambientali e umorali che gli si stanno annuvolando intorno. Mentre nessuna squadra italiana ha avuto la forza economica di rimpatriare Borini, strappandolo dalla panchina del Liverpool.

E’ andata così, molti prestiti, secchi o con obbligo di riscatto, col controriscatto o col bonus. Alcuni magari mezzi rotti, ma con carrozzieri pronti a giurare che torneranno come nuovi. Altri, come Osvaldo, dopo aver girato mezza Italia, passando per Spagna e Inghilterra, ora forse son cambiati davvero e si preparano alla stagione della vita.

Son rimasti Vidal e Pogba, Pjanic e Cuadrado, più volte dati in partenza. E forse, per il campionato italiano, i veri colpi son stati questi.

E’ grama l’aria sul calciomercato, mentre cala il sipario. Perfino questa attività onirica deputata a speziare nella pausa estiva un intrattenimento così popolare come il calcio, questo monopoli per adulti pallonari, sembra perdere attrattiva, come una giostra che d’improvviso ci appare superata e un po’ infantile. Ora però, spazio al campionato. Poveri, ma almeno belli. Borini o non Borini, cercate almeno di farci divertire.

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Paolo Chichierchia