C’è un piano B, vero Walter?

Troppo brutta per essere vera. La descrizione della partita nerazzurra di ieri sera si può riassumere in queste cinque parole, un pensiero tanto riassunto quanto tagliente per una squadra che, Francoforte a parte, aveva mostrato un discreto calcio nel precampionato. Ci tengo a fare una premessa, ossia che questo è ancora calcio d’agosto: sia perché c’è subito una sosta per le nazionali, sia perché mancavano alcuni giocatori reduci dal Mondiale, vedi l’indispensabile Palacio. Tuttavia è innegabile che l’Inter faccia una fatica atroce contro le squadre che si chiudono a riccio nella propria area di rigore, facendo muro e provando a ripartire in contropiede.

L’anno scorso mancava qualità a centrocampo, specie a inizio stagione, quest’anno però la musica è cambiata eppure il gioco della squadra di Mazzarri, almeno in questa prima uscita, è sembrato deficitario almeno quanto nell’annata passata. Kovacic per larghi tratti è sembrato stritolato in mezzo a tante maglie granata, Hernanes ha fatto l’ala per sessanta minuti con risultati disastrosi – salvo poi riprendersi leggermente una volta tornato in mediana – e il duo Medel-M’Vila ha offerto sì una buona protezione davanti alla difesa, ma sulle fasce il Torino è ripartito alla grande andando ad attaccare lo spazio alle spalle degli esterni: bravo Ventura a preparare tutta la partita o quasi su questo spunto tattico, però non è che ci volesse esattamente Brian Clough per capirlo. I nerazzurri non hanno la minima idea in testa quando hanno il pallone tra le gambe: Icardi là davanti ha sgomitato più che ha potuto, ma cosa può fare da solo contro tutti? Niente, soprattutto se i palloni giocabili sono in realtà palombelle alte o sciabolate tese impossibili da raggiungere; in più è palese che l’argentino abbia bisogno di dialogare con un’altra punta, e infatti l’entrata di Osvaldo è coincisa anche il primo tiro in porta di Maurito.

Il capitolo esterni, probabilmente, meriterebbe di essere analizzato approfonditamente in un’altra sede. E’ noto che il gioco di Mazzarri passi spesso per le ali, e questo è sembrato un bene sin dal principio perché se Jonathan ha ancora un minimo di credibilità, in Italia, probabilmente lo deve al tecnico toscano; ma perché insistere continuamente in questi uno contro uno che, con ogni probabilità, si tramutano con una palla persa – e conseguente contropiede – oppure in un cross difficile da intercettare per le punte? Gli esterni devono partecipare alla manovra offensiva, vero, ma lo devono fare con i giusti tempi di gioco, con tagli effettuati nel momento corretto al fine di dettare il passaggio ai centrocampisti. E’ palese che Jonathan non abbia la continuità né la capacità di affondare il colpo a piacimento – d’altronde con Maicon c’è solo somiglianza fisica – così come è altrettanto evidente che l’unico in grado di saltare con puntualità l’avversario sia Dodò: il quale non è né Robben né Cristiano Ronaldo, e nemmeno si avvicina al loro livello.

Ero convinto che il 3-4-2-1 potesse dare imprevedibilità all’Inter, ma servono gli inserimenti dei centrocampisti (centrali e non) per poter mandare in tilt la difesa avversaria, e ieri sera non se n’è visto nemmeno uno. Kovacic avrà pure segnato una tripletta contro lo Stjarnan, per carità, ma non è certamente Vidal quando si tratta di andare in rete, e già in passato ha dimostrato di essere più pericoloso partendo in progressione dalle retrovie; Hernanes, come detto, ha passato due terzi di partita a trotterellare da una parte all’altra del campo, risultando poco incisivo in fase di pressing e soprattutto in quella d’impostazione, dove sulla carta dovrebbe essere il metronomo. Appunto, sulla carta.
Le uniche note liete della serata provengono da Handanovic, il quale è ripartito da dove aveva terminato, e soprattutto da Medel; l’Inter è già ai suoi piedi, o meglio ai suoi polmoni. Carattere, determinazione, corsa e tanta voglia di dimostrare che con la testa e il cuore può ovviare almeno parzialmente ai tanti limiti del suo bagaglio tecnico.

Questa prima giornata di campionato, paradossalmente, sembra aver invertito quello che ci sentiamo ripetere da tutta l’estate; cioè che la Juventus è più vulnerabile con Allegri – ho smesso di contare le palle gol della Juventus dopo la quinta – mentre il Milan è una squadraccia costruita senza senso. Vero sulla carta, viste le lacune difensive e a centrocampo dei rossoneri, ma in campo almeno è sembrata tutt’altra musica; e che gioia rivedere l’El Shaarawy dei bei tempi, pronto a riprendersi l’azzurro con l’aiuto di Conte.
Con questo non voglio dire che l’Inter sia destinata a un campionato mediocre o sulla falsa riga dello scorso anno. Anche perché la storia nerazzurra racconta che, alla prima di campionato, è quasi meglio pareggiare che vincere convincendo: Mancini e Mourinho docet. Però alcuni campanelli d’allarme, nascosti da un buon precampionato, sono tornati a suonare nella testa dei tifosi meneghini; e magari anche in quella di Thohir, il quale potrebbe essere lui a presentare a Mazzarri il suo piano B. B come Bonaventura, le cui voci in nerazzurro, quello interista, s’intensificano ora dopo ora. Ma siamo sicuri sia solo un problema d’interpreti in campo? Inizio ad avere qualche dubbio. Per il momento l’Inter è rimandata a settembre.

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Alessandro Lelli