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Non è ufficiale, ma siamo lì: i latini userebbero una perifrastica attiva, come a dire che Mario Balotelli “è per essere” un giocatore del Liverpool Football Club.

In questo stesso spazio ieri, giustamente, ci siamo soffermati sulla vicenda dal punto di vista italiano, con occhi attenti alla Nazionale, alla storia di amore-odio di Balotelli col nostro paese, al momento storico del Milan. Ora, a bocce non dico ferme ma già belle sistemate, proveremo a ragionare sull’altro lato della storia, sulla squadra che sta per accogliere questo bad boy che forse ha solo bisogno di tornare a giocare a pallone.

Piccola premessa, doverosa: chi scrive queste righe ha visto più o meno, negli ultimi anni, il 70-75% delle partite di chi ha acquistato il centravanti dell’Italia. Perché in fin dei conti è interessante anche andare a capire cosa accadrà sul campo, dove Mario potrà e dovrà collocarsi, ipotizzando cosa effettivamente abbia in testa, oggi 23 agosto 2014, quella vecchia volpe di Brendan Rodgers.

Questo perché, in fin dei conti, il tecnico irlandese può semplicemente aver approfittato dell’occasione e preso un attaccante di spessore internazionale a piò o meno meno di 20 milioni di euro. A noi sembrano tanti (?), ma in Inghilterra si è recentemente mosso Ross McCormack per 12 milioni, o Shane Long a 15. Come dire: mettiamo le cose nella giusta prospettiva e parliamo di calcio.

Non che, se ci limitiamo al rettangolo di gioco, l’ormai ex milanista abbia dato prova di chissà quale valore di recente, ma è chiaro che Rodgers preferisce affrontare la Champions League con un piano B oltre a Sturridge (e al vecchio ma sempre prolifico Lambert): non si vive di sole mezze punte e ali, sbarazzine pedine che però poi di un ariete hanno bisogno. Meglio se col fisico giusto.

Allora a Mario converrà tirar fuori il fisico giusto, muoversi un po’ di più per il campo (Suárez combinava guai ma aiutava in fase di non possesso), dimostrare a tutti che il Liverpool non si è sbagliato.

Che in un progetto tecnico diverso da tutti quelli con cui ha avuto a che fare in carriera ci può stare. Che sa adattarsi, colpire e pungere anche quando al centro del mondo non c’è lui: che può passare da piano B nato da un’occasione di mercato a top player della lega più patinata (e dura) d’Europa.

Il viaggio deve ancora iniziare. Auguri a Mario: sappia smentire chi ha già deciso che fallirà.

Post Scriptum: Una sola cosa, in ginocchio: non chiamatelo subito “il Liverpool di Balotelli”. Resta il Liverpool di Gerrard e sta a Mario farlo diventare (almeno un po’) suo.