Il calcio che voglio
Cari vertici attuali e futuri del calcio italiano,
la situazione odierna nel nostro paese non è delle migliori e anche il calcio chiaramente risente della crisi economica che stiamo attraversando e dal quale facciamo fatica a uscirne. Si dice che per ogni salita c’è una discesa e viceversa, quindi prima o poi la parabola discendente dovrà fermarsi e permetterci di risalire e vivere giorni migliori; l’importante sarà sfruttare quel momento senza improvvisare, ma facendoci trovare preparati con un progetto serio e ben strutturato in modo da salire il più in alto possibile. Comunque vadano le elezioni per la presidenza FIGC, nel calcio che vorrei sarebbe utile in futuro mettere da parte questo clima di battaglia e di forte rivalità presente durante i consigli o le assemblea del calcio italiano. Abbassare i toni e cancellare i veleni per ritrovare una propria dignità davanti all’opinione pubblica. Fuori anche i propri interessi personali per il bene del calcio nostrano. Insomma tutte banalità, che, però, continuano a essere trasgredite, generando discussioni inutili e polemiche buone solo per generare chiacchiericcio e vendere qualche copia in più di giornali.
Nel calcio che vorrei ci sono stadi con più affluenza e magari un ritorno delle coreografie come negli anni novanta. Serve la mano di tutti. La costruzione di stadi nuovi si scontra con la dura burocrazia italiana, però, nel frattempo si potrebbe dare una mano abbassando i prezzi dei biglietti. Si parla tanto di voler portare le famiglie allo stadio, ma a conti fatti diventa un qualcosa di irrealizzabile. Una famiglia con due figli rischia di costare un centinaio di euro a partita e di questi tempi una spesa del genere pesa molto; poi c’è il rischio di comprare dei biglietti che diano accesso a una zona con scarsa visibilità del campo e allora si disincentiva ancora di più. Ho poi omesso le procedure di acquisto dei biglietti che risultano ogni anno sempre più complicate. Magari sarebbe utile non avere più il calcio spezzatino estremo con partite disputate nei giorni più impensabili. Il ricordo della domenica con tutte le gare alle 15 è ormai un ricordo lontano e non tornerà più, però, vedere giocare un posticipo al lunedì o al martedì sera non è proprio il massimo soprattutto per chi, in quei giorni, lavora e trova grandi difficoltà a staccare dal proprio ufficio per recarsi allo stadio.
Per il futuro ci sarebbe anche la questione della moviola in campo, ma qui l’Italia ha sicuramente una piccola voce in capitolo. Per l’uso della tecnologia, come avviene nel tennis, nel rugby, nel football o nel basket, forse toccherà ancora soffrire a lungo contro qualche interesse di troppo e contro il partito di quelli che “Così si snaturalizza il gioco”, nonostante l’esperienza di altre discipline abbia dimostrato il contrario. Di certo noi come movimento nazionale possiamo migliorare da questo punto di vista, limitando le polemiche e cancellandole del tutto in occasione di reti dubbie o situazioni regolamentari poco chiare. Evitiamo di parlare di squadre che rubano o che vengono aiutate dal palazzo; riempiamo le prime pagine esaltando solo le vittorie e l’aspetto tattico. Le persone assorbono ciò che passano i media e alla fine si rischia soltanto di abituare le nuove generazioni alla cultura del sospetto e all’odio nei confronti della classe arbitrale, che in certi casi sfocia in campo sotto forma di violenza nelle partite di settore giovanile.
Infine nel calcio che vorrei c’è spazio ai giovani, ma a quelli meritevoli. Inutile imporre delle regole alle squadre, illudendo i calciatori con un posto da titolare in squadra e poi abbandonandoli dopo aver superato una certa età. In questo modo si danneggiano le squadre minori, che devono fare dei salti mortali per gestire le formazioni in campo, e gli stessi giocatori, costretti a giocare in ruoli non propri e che in molti casi finiscono per rovinarsi perché ancora non pronti all’esperienza della prima squadra. Bisogna cambiare strada. Rendere più stretto il rapporto tra settore giovanile e prima squadra, come voleva fare Cesare Prandelli con la nazionale, e cercare di traghettare nel modo migliore il giovane calciatore verso il passaggio alla prima squadra. Da questo punto di vista anche noi tifosi dobbiamo metterci del nostro senza pensare che un ragazzo giovane debba per forza mostrare di essere come Messi al primo pallone giocato. E poi ben vengano i Verratti e gli Immobile all’estero; a qualcuno questa cosa può stonare, ma bisogna essere realisti. Le squadre tedesche, inglesi e spagnole possono permettere ai nostri talenti da nazionale di maturare più esperienza possibile in campo internazionale a differenza dei club nostrani. Lasciar partire i nostri “piedi buoni” è un sacrificio necessario che può risultare utilissimo alla causa della nazionale italiana.