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L’Inter di Mazzarri, ricca di vitamina C

Una squadra che ha l’obbligo di dare un calcio al passato, che deve per forza di cose mettere la cattiveria, la convinzione e e il carattere davanti a tutto. Una compagine cinica difficile da affrontare, che susciti curiosità nell’osservatore ma possa fare leva su alcune certezze, come Kovačić e Icardi, i giovani da cui ripartire. Una squadra con un tecnico certosino nei dettagli, che giochi con cognizione di causa molto più che in passato, quando sembrava appigliarsi soltanto al talento dei singoli interpreti; ad Appiano Gentile sono tutti a caccia di un obiettivo, ossia ritornare a sentire quella musica che fa venire la pelle d’oca al pubblico, quella competizione che ti rilancia a livello europeo come nessun’altra. Sto parlando ovviamente della Champions League: non importa il come – se dal terzo posto o dalla vittoria dell’Europa League – ma l’importante è tornare a lottare per qualcosa che conti davvero, sognando a occhi aperti come nel 2010, quando tutto e tutti sembravano remare nella stessa direzione, anche le cosiddette teste calde. E oggi l’Inter è piena di teste calde.

A partire da Gary Medel, quel Pitbull che Mazzarri aveva chiesto già nella scorsa stagione: il più classico dei mediani di rottura, all’occorrenza anche un difensore centrale nonostante i 170 centimetri scarsi. Cartellini rossi come se fioccassero, ma in fondo quella della passata stagione era un’Inter fin troppo gentile e ordinata; i muscoli di Medel e M’Vila, in questo senso, non potranno che portare giovamento al gioco difensivo. Dietro adesso non c’è più Samuel, l’uomo che catechizzava gli avversari con entrate ai limiti del regolamento dopo pochi minuti, come a dire “ti conviene non provarci nemmeno la prossima volta“. Ora c’è Vidic, paradossalmente un giocatore ancora più fisico ma per certi versi più elegante: il nuovo leader è lui, anche se non ha i gradi del capitano affidati con sagacia manageriale a Ranocchia, che altrimenti sarebbe andato in scadenza di contratto.
Sino adesso ho parlato di rabbia, di cattiveria agonistica e muscoli. Ma in una squadra che si rispetti non possono non esserci alcuni giocatori a cui sono affidate le chiavi del gioco: nel caso nerazzurro sicuramente Hernanes e Kovačić, investito del ruolo di emblema direttamente dal presidente Thohir. Alla fine della scorsa stagione abbiamo avuto solo un assaggio di quello che possono creare quando schierati insieme; difficile dire cosa farà Mazzarri, le ipotesi tattiche sono tante e questo non può che rendere felice il tecnico livornese, che l’anno scorso non aveva certo questi “problemi” quando era obbligato a schierare Alvarez seconda punta perché, disponibile, non c’era alcun attaccante oltre a Palacio.

Mauro Icardi e Mateo Kovačić, le due speranze nerazzurre
Mauro Icardi e Mateo Kovačić, le due speranze nerazzurre

L’arrivo di Medel è importante soprattutto per motivi tattici. L’impiego in campo dell’ex centrocampista del Cardiff può aprire numerose strade: partendo col 3-5-2, Medel può essere schierato in difesa per poi spostarsi in mediana nella ripresa, quando Mazzarri è solito apportare cambiamenti nel caso qualcosa non funzioni. E viceversa ovviamente, anche se l’ex tecnico del Napoli difficilmente inizierà con un assetto di gioco diverso dalla difesa a 3; a centrocampo M’Vila dovrà dare molta quantità al gioco, senza magari necessariamente rifiutare a priori qualche inserimento in area. Sgroppate limitate, ovviamente, quando in campo ci sono Hernanes e Kovačić, due che amano spingersi per trovare la via del gol; gli esterni l’anno scorso hanno contribuito alla grande, come da tradizione nelle compagini dell’allenatore toscano, e quest’anno c’è anche Dodò a contribuire alle due fasi. Il brasiliano è stato uno dei più convincenti nella Guinness Cup, e lui rappresenta in pieno il nuovo corso nerazzurro: preso in prestito con obbligo di riscatto verrà praticamente pagato tra due stagioni, nella speranza che nel frattempo dimostri di valere il grande investimento che Piero Ausilio ha speso su di lui. Resta l’incognita nel ruolo di terzino, viste le poche capacità difensive: in quel ruolo forse sarebbe più opportuno un D’Ambrosio in forte crescita.

C’è speranza di vedere almeno a tratti anche il 4-3-2-1, soprattutto nel caso in cui Medel sia in campo. Ad affiancare Icardi e Palacio nell’ipotetico tridente potrebbe essere Lavezzi, il sogno nemmeno troppo celato di Mazzarri, mentre l’alternativa più probabile è Biabiany, per ragioni economiche e di liste Uefa. A meno che non parta, a quel punto gli introiti potrebbero essere utilizzati per un ultimo colpo a effetto, un po’ come fatto nel gennaio scorso con Hernanes. Là davanti i punti fermi sono Icardi e Palacio, e paradossalmente è quest’ultimo ad avere più punti di domanda intorno: sarà in grado di ripetere le ultime due stagioni, dove è stato in grado di trascinare da solo i nerazzurri? Perché il Trenza visto al mondiale non è sicuramente l’attaccante tutto fare che ha incantato San Siro. In questo senso l’arrivo di Osvaldo è più importante di quanto si possa pensare. Difficile dire dove possa arrivare questa squadra, perché le incognite sono tante e almeno due-tre squadre, sulla carta, sono superiori all’armata nerazzurra; di sicuro questa è una formazione con un progetto tecnico e tattico, con una società che non spende in maniera dissennata e non cerca di fare il passo più lungo della gamba, in attesa della tanto agognata crescita del fatturato.

Carattere, convinzione, compattezza e concretezza: la nuova Inter di Thohir è ricca di vitamina C.