Osvaldo, riprovaci

Altro cambio di maglia, altra avventura per Pablo Daniel Osvaldo. Stavolta ecco l’Inter, è fatta per il suo passaggio in nerazzurro, e chissà che non sia la volta buona. Nel senso: tecnicamente, l’ex calciatore di Juve, Southampton, Roma, Espanol, Fiorentina e Bologna è considerabile un calciatore dalle doti immense. Negli occhi di tutti, i tanti gol spettacolari realizzati (vedi quello contro la Roma l’anno scorso in maglia bianconera, o quello contro l’Inter a San Siro, in maglia giallorossa, a pallonetto) ma negli occhi di tutti anche le tante, troppe, uscite fuori luogo che gli hanno condizionato la carriera.

Inutile e impossibile elencarle tutte, non siamo qui a fare la conta degli errori dell’italo argentino. Siamo qui per cercare di analizzare la situazione, di trovare un perché al fatto che questo giocatore, se riuscisse a controllare la propria indole, potrebbe sicuramente diventare l’idolo di una tifoseria. Sia chiaro: di una tifoseria, nel senso che sarebbe possibile vederlo acclamato dai sostenitori di quella squadra a cui ha giurato amore. Il problema è che finora, l’amore, l’ha trovato magari nella vita privata.

A Roma ha dimostrato solo sprazzi delle sue grandi qualità. Una personalità apparentemente forte, ma in realtà profondamente debole e orgogliosa, lo ha reso in nemmeno una stagione da promessa del pallone a capro espiatorio. Quel rigore “rubato” a Totti contro la Samp lo ricordate? Da lì, beccò insulti a raffica, nonostante i vari confronti con i tifosi a Trigoria, e quel suo “ma che protestate, ho fatto duecento gol” che sapeva, all’epoca, e sa, ancora adesso, di reazione di pancia più che di testa.

Il problema, per Osvaldo, è che è succube del suo stile. Capello alla Jack Sparrow, vaga somiglianza a Johnny Depp, chiaro sciupafemmine de noantri, e il suo modo di fare pallone ne risente. Genio e sregolatezza? No, sono finiti quei tempi. Oggi il calcio è fisico e testa, è molto più di prima mente e cuore, è carattere e determinazione oltre che qualità, passione, intelligenza, scaltrezza. Tutte doti che magari il buon Daniel ha pure, ma ha anche tante altre caratteristiche che lo limitano.

Un peccato, dicevamo. Un gran peccato. Perché avrebbe fatto comodo, uno come lui, anche nell’Italia oriunda di Prandelli, che all’ultimo mondiale ha rimediato solo figuracce. Che l’Inter, per lui, sia un nuovo inizio: basta con i continui botta e risposta su Twitter (danno la sensazione di debolezza), basta chiacchiere, basta polemiche. Solo fatti. Da adesso in poi solo fatti, che sono quelli che veramente fanno la differenza. Il diritto di riscatto attuale, in favore dell’Inter? Fissato a sette milioni. Già, sette milioni: Daniel, capisci che ne varresti almeno il triplo?

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Alex Milone