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Esclusiva MP– Simone Braglia: “Al Genoa tornerei volentieri ma non per essere strumentalizzato”

In una mattina di mezza estate, mentre il Genoa sta concludendo il duro ritiro in val Stubai agli ordini di Gian Piero Gasperini, Simone Braglia, indimenticato portiere rossoblù, racconta in esclusiva per MondoPallone.it le sue impressioni sul calcio italiano in piena crisi: “Dobbiamo ripartire dai ragazzini italiani dei settori giovanili e delle scuole, dobbiamo tornare a insegnare il calcio. Da qualche tempo in una scuola privata di Como sto conducendo, assieme a ex giocatori come Pietro Vierchowod, un progetto mirato all’insegnamento dei valori insiti in ogni disciplina agonistica: i bambini devono capire che lo sport è scuola di vita, ancor di più che un manuale o un libro”.

In una paese dove da anni si sbandiera l’entrata in vigore di una legge sugli impianti sportivi mai realizzata è, tuttavia, utopistico pensare che le cose possano cambiare nel breve.

“Un altro grosso problema di cui sento poco parlare è legato agli allenatori che vanno all’estero attratti non dal campionato, bensì dalle possibilità remunerative: stiamo svendendo i nostri know-how, le nostre conoscenze tecniche, noi che da sempre siamo
una fucina di grandi allenatori, portieri e difensori”.

A proposito di portieri, Braglia ci racconta il suo punto di vista su Mattia Perin, numero uno del vecchio
Grifo:

“Gli va dato atto che ha avuto il coraggio di rifiutare il Bayern Monaco: premetto sempre che è un onore vestire la maglia del Genoa, però credo che abbia commesso un grosso errore. Potersi allenare anche una sola stagione con Guardiola e il suo staff (il massimo, direi) avrebbe potuto rappresentare un’esperienza altamente formativa e un trampolino di lancio unico per lui. Spero non si sia montato la testa con la convocazione al Mondiale brasiliano…”.

Tornerebbe a vestire i panni del club più antico d’Italia?

“Non saprei come risponderle: l’attuale presidente mi fece fare l’ultimo ritiro della carriera in piena solitudine ai tempi del Como. Poi passarono quattro anni, il tempo lenì le ferite ed Enrico Preziosi si dimostrò il gentiluomo qual è (fui io a consigliargli la rilevazione del Genoa). Per questi colori che non ho mai smesso d’amare tornerei volentieri, di corsa: però non come uno strumento ma come una risorsa”.