Crisi d’astinenza
È passata una sola settimana dalla fine dei campionati del mondo di calcio che hanno visto trionfare la Germania a spese dell’Argentina.
Dopo il paio di giorni spesi a parlare della forza della programmazione tedesca e del fallimento di Messi, di quanto è forte Kroos o di quanto se lo meritasse Lahm, il calciomercato ha preso praticamente tutta la scena.
Partendo dai nomi “grossi” come James Rodríguez — a proposito, è in procinto di passare al Real Madrid — e Di María — anche lui sulla buona strada per cambiare squadra, destinazione PSG — passando per Conte, Allegri e la panchina della Juventus e arrivando a quelli in leggero tono minore, come Morata, Medel, Pato, Eto’o, Criscito. Insomma, gli affari che si fanno in Italia, ormai diventata — per citare un Adriano Galliani di qualche anno fa — “la pizzeria (e non più ristorante di lusso) del calciomercato”.
La verità, però, è che sì il calciomercato è importante, sì è necessario per costruire quelle squadre che poi andremo ad ammirare durante la stagione, sì tutto quello che volete. Ma dopo cinquantasei speciali al giorno, i “summit” tra dirigenti per decidere le sorti di questo o di quel giocatore, i servizi per “scoprire chi è Tizio” (quando, magari, è già stato scoperto un paio d’anni prima) e gli “ultimatum” per chiudere una qualsiasi trattativa, ci si ritrova in una domenica afosa di metà luglio con il condizionatore sparato in faccia, una bottiglia d’acqua pronta all’uso e la tv che trasmette Inter-Prato e Monza-Milan.
E tra i “lo vedi quanto è forte Kovacic?”, “l’ho sempre detto che bisogna dare fiducia a Mbaye”, “quanto è scarso Niang, ma è ancora nostro?”, “gol di Niang! Te l’avevo detto che era forte!” e i “di Mastour conosco a memoria tutti i video che girano su internet, fidati, è un fenomeno vero” detti a un amico immaginario, ci si ritrova nell’attimo di lucidità in cui si capisce di avere una dipendenza. Come una droga.
Drogàti di calcio a tal punto da perdere una soleggiata domenica pomeriggio di luglio per guardare le amichevoli estive dell’Inter e del Milan, contando i giorni che mancano all’inizio della Serie A (solo 41, forza).
Ma alla fine, guardando il gol di Mastalli (“Ma chi è Mastalli? Da dove arriva?”) capisci che non è droga: è passione, fede. E che non c’è giorno migliore della domenica per professarla.