Campioni di maggio

Basta scudetti di novembre, la Roma va sul concreto.

Già, perché il colpo di reni al calciomercato e al calcio d’estate, fatto come da tradizione di ombrelloni, tormentoni di mercato (Suárez, Sanchez, Iturbe, chiunque…) e disegni di nuove gerarchie, lo ha dato l’addio di Conte alla Juventus, che toglie certezze a chi da 3 stagioni domina in lungo e in largo lo Stivale. E magari ne regala di nuove a chi ha inseguito, insegue e in tutta onestà vuole sorpassare.

È così che la partenza di un tecnico che, volenti o nolenti, dobbiamo proclamare il più vincente italiano degli ultimi 3 anni ha scosso in un colpo solo tutte le previsioni sui campionati, obbligando parecchi addetti ai lavori a rivedere, se non cestinare, preview e tabelle sul 2014-2015: stagione bizzarra di suo per il postmondiale, figuriamoci ora.

Il vero problema è che la patata bollente, con tanto di pressioni e aspettative di tifosi e stampa, passa ora alle altre due “super” potenze.

Passa nelle mani di Roma e Napoli, evidentemente in ritardo rispetto alla oliata e italianamente perfetta Juventus di Conte, ma ora vicine a un giocattolo che potrebbe essersi rotto, nei sogni di chi vuole che il tricolore cambi casa.

Dico “problema” non per esagerare ma perché soprattutto la Roma sta facendo le cose “troppo” per bene, con un mercato a modo e ben organizzato, tra parametri zero di lusso (e apparentemente non spompati, alla Cole) e colpi dispendiosi ma di prospettiva, utili all’orgoglio oltre che al dato del campo (Iturbe): una Roma così lo scudetto lo può davvero vincere, forse lo deve fare.

E tra può e deve ci passa un mondo intero, un’esperienza, un universo. Tra potere (col beneficio del dubbio e il procedere a fari spenti) e il dovere (con la Juventus scossa e il Napoli in cerca d’autore) ci passa tutta una storia che rischia di stritolare una società che lo scudetto lo aspetta dal 2001, che ai grandi traguardi sta guardando con occhi ambiziosi ma ora tremolanti: perché Cole, Iturbe, il secondo anno di Garcia e tutto il resto vuol dire guardare in alto e rischiare di scottarsi, guardare in alto e rischiare che si sciolgano le ali.

Resta un campionato che la Roma deve vincere, per il secondo posto dell’anno scorso, una campagna acquisti accattivante e coraggiosa e il crollo delle certezze juventine.

Resta un campionato in cui a fari spenti la Roma non potrà più andare.

Resta un campionato da vincere in maggio e non a novembre.

Resta uno scudetto non solo possibile, ma pronosticabile.

Resta una Roma che avrà il pronostico di tanti e rischia di esserne divorata: in bocca al lupo.

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Matteo Portoghese