Ha compiuto diciotto anni lo scorso maggio, dopo aver collezionato una manciata di presenze in A: Simone Scuffet ha le stimmate del predestinato e, nella grigia stagione vissuta dall’ultima Udinese di Guidolin, ha rappresentato l’unica, indiscutibile nota positiva. Dal debutto nella vincente trasferta a Bologna (1 febbraio scorso), sono state 16 le gare in campionato, oltre ai 180′ della semifinale di Coppa Italia contro la Fiorentina, quando i bianconeri hanno sfiorato una finale che avrebbe salvato l’annata. Senza contare la considerazione di Prandelli e lo stage azzurro di aprile, con il “rischio” di partecipare, da terzo portiere, alla spedizione mondiale.
Nei giorni scorsi, si è molto parlato di un interessamento dell’Atlético Madrid, fresco vicecampione d’Europa, alla ricerca di un sostituto per Thibaut Courtois, rientrato al Chelsea dopo tre felicissime stagioni coi colchoneros. Il trasferimento, che avrebbe avuto del clamoroso sia per le cifre (nove milioni di euro, più due di bonus: cifra importante per un portiere) sia dal punto di vista simbolico (l’ennesima “fuga” all’estero di un giovanissimo, dopo Verratti, per citare un italiano, e Marquinhos) è comunque saltato. Ne ricostruiamo la breve, ma intensa, storia.
L’Atlético, che nel frattempo si è assicurato le prestazioni del bravo Jan Oblak, contatta l’Udinese e avanza un’offerta di circa 5 milioni di euro. L’Udinese, la cui politica dichiarata è di sedersi e discutere qualsiasi trattativa credibile, accetta il dialogo, riservandosi, successivamente, di informare il giocatore, la sua famiglia e il procuratore Claudio Vagheggi.
A inizio settimana, martedì 16 luglio, le due società giungono a un accordo: la voce di mercato, che aleggiava da giorni, filtra, i tifosi locali, ancorché abituati a non affezionarsi troppo ai propri beniamini (specie se giovani), minacciano proteste e tutto l’ambiente attende la chiusura dell’affare. “Un’offerta dell’Atlético non si rifiuta”, il tormentone, con articolesse pronte contro il “potere” dei tiranni stranieri, ignorando, però, che stiamo parlando dei colchoneros e non del Real: il fatturato dei vicecampioni europei vale meno della metà di quelli di Juventus e Milan, figuriamoci rispetto alle vere corazzate europee.
Ieri pomeriggio, la svolta: la famiglia del giocatore decide di rifiutare l’offerta (lo stipendio del talento sarebbe stato triplicato, da 300 a 900.000 euro l’anno) e trattenere a Udine Simone che, peraltro, deve affrontare l’ultimo anno presso l’Istituto Commerciale “Cecilia Deganutti”, sostenendo il fatidico esame di maturità. Scelta molto “friulana”, pratica, seria e, sotto il profilo umano, pure condivisibile, se si considera che il ragazzo deve ancora conseguire la patente di guida.
Difficile, però, trarne peculiari morali a uso e consumo del nostro calcio: attualmente, siamo “provincia” e non solo per quel che concerne l’ormai consolidata boutique di calciatori che è la fucina friulana. Piuttosto, adesso per Scuffet arriva davvero il difficile: la prima stagione da probabile titolare, costretto a scalzare la concorrezza di un professionista come Brkić, con gli endemici vantaggi dell’esser giovane e autoctono che tenderanno ad affievolirsi.
In casa Udinese, peraltro, l’abolizione delle comproprietà potrebbe comportare un certo affollamento tra i pali, con Benussi terzo sicuro, Scuffet e Brkić in corsa per la maglia titolare, Orestis Karnezis, distintosi al Mondiale con la nazionale greca, di rientro da Granada e il giovanissimo friulano Alex Meret (classe 1997), sicuro titolare della primavera (l’allenatore Luca Mattiussi ne parla benissimo), ma aggregato agli allenamenti della prima squadra.
Che dire? Buona fortuna, Simone.