Nell’ultimo mese e spiccioli s’è detto di tutto sul Brasile paese, sul Brasile come nazione ospitante e, soprattutto, sul Brasile inteso come squadra di calcio, la celeberrima e plurititolata Seleção.
Proprio la Nazionale verdeoro è stata protagonista in negativo della Coppa del Mondo, finendo quarta. Ma non è tanto per la non vittoria che gli uomini di Felipão hanno deluso, quanto più per le proporzioni della disfatta: dieci gol incassati nelle ultime due partite e buona notte suonatori. Del resto, è storia recentissima e probabilmente non c’è anima viva che al momento non conosca l’entità della débâcle della compagine ospitante.
Tuttavia, il Brasile questi Mondiali li ha comunque vinti da un altro punto di vista: quello dell’organizzazione, della partecipazione, dell’accoglienza e del pubblico. Nessun giocatore o componente dello staff tecnico s’è lamentato del trattamento ricevuto nel país tropical, così come nemmeno quei criticoni dei giornalisti al seguito delle Nazionali hanno osato proferire verbo anche solo vagamente negativo sui brasiliani e la loro ospitalità (articolesse sulle favelas a parte, ma a sentire i media queste paiono recenti invenzioni e non una certezza consolidata da decenni).
Alcune prove? I brasiliani si sono lasciati “invadere” Copacabana dagli argentini più volte lungo il torneo (la partita con la Nigeria, le gare a eliminazione diretta e ovviamente la finale) senza che si segnalasse il minimo disordine. Essì che qui in Europa si descrive l’effettivamente aspra rivalità tra la repubblica platense e i verdeoro come se fosse una specie di contesa all’ultimo sangue. Può anche essere vero, ma in questi Mondiali non è uscita dal campo: l’agone è rimasta ben confinata al rettangolo di gioco e la Coppa del Mondo ha confermato che non si trascende. Oltre ai non disordini ecco anche la finale, come definitiva dimostrazione dell’accoglienza brasiliana: l’inno albiceleste non è stato assolutamente fischiato (in Italia, nel 1990, non andò esattamente così). Certo, qualche “bu” c’è stato ma solo quando partiva il tormentone “Maradona es más grande que Pelé” ed è comprensibile (per la serie: cercarsele).
Oltre a ciò, i brasiliani hanno dimostrato di saper stare al gioco alla grande, facendo la ola persino durante quel massacro calcistico che è stata la semifinale con la Germania. Inoltre anche i dati sull’affluenza fanno pensare al successo di pubblico della manifestazione così come quelli tecnici hanno fatto pensare al successo più meramente calcistico del torneo (eguagliato il primato di gol messi a segno che resiste da Francia ’98). I dati ufficiali della FIFA e di Wikipedia sulla presenza in massa dei tifosi negli stadi brasiliani stabiliscono che la kermesse verdeoro è la seconda per pubblico della storia (dato non troppo malvagio: l’unico Mondiale che ha fatto registrare più gente è quello di USA ’94 ma lì gli stadi avevano una capienza media decisamente più grande, tanto che chiunque parlò di “cattedrali nel deserto”, soprattutto per quegli impianti che si trovavano nel sud del paese).
Infine come non citare la questione delle “sollevazioni popolari”? Chiunque aveva detto più o meno qualunque cosa al riguardo: chi aveva previsto disastri nel caso il Brasile non vincesse, chi li aveva previsti proprio nel caso la Seleção trionfasse, chi pensava a suicidi di massa se avesse vinto l’Argentina, chi prevedeva lamentele, proteste e sollevazioni popolari in qualunque caso. Ebbene, l’onda è passata e non è successo niente di tutto ciò. Niente. C’è stata giusto un po’ di maretta per la sfida inaugurale tra i padroni di casa e la Croazia ma la sensazione è che i contestatori volessero più che altro sfruttare la risonanza mediatica della Coppa del Mondo che non mettere davvero in piedi una sollevazione o una contestazione davvero mirata proprio ai Mondiali.
Insomma, se è vero che l’obiettivo calcistico di cancellare il Maracanaço e diventare hexacampeão nella manifestazione casalinga è fallito (anche se, per certi versi, la goleada subìta al Mineirão ha alleviato il ricordo del 1950), fuori dal terreno di gioco il popolo brasiliano è sostanzialmente uscito vincente, rendendo Brasile 2014 una delle edizioni dei Mondiali più riuscite. Andando oltre le tante diversità e rivalità a cui una Nazione grande come un continente deve – giocoforza – far fronte per inseguire un obiettivo comune: trasmettere la propria allegria e passione nelle case di tutti, mostrando al mondo intero la propria cordialità e ospitalità.
All in one rhythm.
Giorgio Crico & Francesco Davide Scafà