L’impero UEFA nei preliminari di Champions: le trasferte più lunghe d’Europa
Se chiedeste a un familiare, un amico, un passante quale sia il primo sostantivo che gli viene in mente nel sentire la parola “calcio“, molto probabilmente vi sentireste dire passione, tifosi, gol, Pelé, Maradona, Totti, Del Piero e similari. Sì, lo so, gli ultimi sono nomi propri, ma siate accomodanti col vostro interlocutore. Anche perché vi serve ancora un po’ del suo tempo. Dopo una più o meno sostanziosa marea di parole, magari tra “belle gnocche ai Mondiali” e “le treccine di Vagner Love”, potrebbe saltar fuori anche geografia.
Sono fermamente convinto che, tra coloro i quali chiuderanno la pagina dedicandomi attestati verbali di stima, ci sia anche qualcuno per cui il calcio significa davvero tradizione, storia, rivalità, tutte allocate in luogo ben preciso. Insomma, gente a cui geografia non ricorda soltanto ore interminabili a scuola o quella cartina storta appesa al muro, che nel 2009 piazzava Sarajevo in Jugoslavia e secondo cui Riga era un fiorente porto dell’URSS.
Anzi, oggi come oggi, l’industria calcistica europea e mondiale si fonde spesso e volentieri con le questioni geografiche. Le australiane, per esempio, prendono parte alle manifestazioni dell’AFC, la Federazione calcistica asiatica, al pari delle coreane. Kazake e caucasiche, tra le altre, giocano in Europa, con somma gioia del presidente UEFA Michel Platini, che fa dell‘apertura verso l’est uno dei punti forti della propria politica, facendo sì che molte medio-piccole realtà dei campionati più remoti possano avere la possibilità di partecipare alle nostre coppe continentali.
Da qui, gli ormai famosi preliminari chilometrici, le preparazioni estive che iniziano ancora in primavera e le magiche sfide tra le compagini meno conosciute del globo, cibo preferito dai veri nerd calcistici: quelli che preferiscono le emozioni di un Metalurg Skopje – BATE Borisov a un più appetibile Juventus – Bayern e che godevano alla vittoria del Ludogorets sulla Lazio perché “Quel Juninho Quixadá lo seguo dai tempi del Ferroviario“.
Anche quest’anno non fa eccezione: Skënderbeu, Sheriff Tiraspol, Inter Baku, ce n’è per tutti i gusti! Queste gare tra squadre perse sull’atlante, oltre a risultare sconosciute a chiunque abbia una vita seria, portano a galla un problema: le distanze. In un mondo devastato dalla crisi economica internazionale, la copertura di trasferte non proprio contenute può rappresentare un capitolo di spesa abbastanza pesante per alcune società. Parlando però in maniera squisitamente geografica, balza all’occhio, nei preliminari di Europa League, una sfida interessante: RoPS – Asteras Tripolis. Da un punto cardinale all’altro: Rovaniemi, piena Lapponia, nord della Finlandia, ospita la squadra di Tripolis, Arcadia centrale, sud della Grecia. Le due città, all’incirca sullo stesso meridiano, sono divise in linea d’aria da 3.235 km. Non è però la distanza maggiore a cui si è assistito nella storia europea e alcuni ragguardevoli viaggi della speranza hanno riguardato anche compagini italiane.
I tifosi della Roma ricorderanno senz’altro la gara di apertura del girone di Coppa UEFA 2005-2006, svoltasi a Tromsø, praticamente a Capo Nord. Spalletti e sottoposti si sorbirono una traversata di più di 3.100 km, destino simile a quello dei campioni di Malta del Valletta, diretti a Baku per disputare il preliminare di Champions contro il Qarabag. Lo stesso Maccabi Tel-Aviv ha sul taccuino un bel viaggetto per arrivare in Andorra, dove incontrerà l’FC Santa Coloma, primo club andorrano a superare il preliminare iniziale della massima competizione europea, tra l’altro, grazie a un gol del portiere all’ultimo secondo.
Le cifre si fanno ancora più importanti. Preliminari di Europa League 2009-2010: l’Amkar Perm arrivò a giocarsi la prima partecipazione della storia e finì a Craven Cottage, Londra, casa del Fulham, 3.582 km. Bazzecole per i tifosi georgiani del WIT, che si fecero la bellezza di 4.050 km per andare nelle Isole Faroe a sostenere i propri beniamini in casa dell’HB. E no, purtroppo per loro la birreria di Monaco non c’entrava. Stessa destinazione per i turchi del Beşiktaş nel 2010, anche se per andare a visitare il Vikingur se la cavarono con soli 3.900 km.
I numeri possono gonfiarsi ulteriormente se proseguiamo verso nord ovest, sbarcando in Islanda, dove nel 2010 arrivarono i kazaki dell’Aktobe con 4.660 km sul groppone. Bissarono l’impresa degli armeni del Pyunik, che macinarono 4.950 km per andarsi a giocare il passaggio del turno col Knattspyrnufélag Reykjavíkur, abbreviato in KR per misericordia. L’Oscar spetta però alla coppia Shakhter Karagandy – St. Patrick’s Athletic. Karagandy e Dublino. Distanza: 5.217 km. Ma San Patrizio di peregrinazioni se ne intende.
E c’è chi si deve sorbire distanze folli anche nelle gare di campionato. La mente può correre alla Cina, ma erroneamente, in quanto le squadre che prendono parte alla Premier League sono collocate sulla costa orientale o poco più in entroterra, garantendo trasferte non oltre i 3.000 km. Va molto peggio in Australia, dove Perth Glory e Wellington Phoenix si devono fare 5.265 km per le quattro partite stagionali che il campionato prevede. Il detentore del record è, manco a dirlo, la Russia. Non la prima serie, dove al massimo lo Zenit si ritrova a Saransk, bensì nella Serie B locale. Quest’anno è stato promosso il Sakhalin, squadra di un’isola che poche miglia più a sud ha il Giappone. Ebbene, per andare a giocare nella regione di Kalinigrad, staccata dalla Russia, sotto la Lituania, con la squadra che si chiama Baltika per fugare ogni dubbio, la distanza da coprire sarà di 7.200 km.
Poca roba in confronto a ciò che sarebbe potuto succedere a livello europeo. Se il Luch-Energiya Vladivostok fosse arrivato in fondo alla Coppa di Russia (e ci è mancato davvero poco) sarebbe entrato di diritto in Europa League, dove avrebbe potuto trovare in girone il Nacional de Madeira, squadra dell’isola in mezzo all’Atlantico, appartenente al Portogallo. Una trasferta di 11.000 km. Ecco quanto misura in latitudine il territorio di monsieur Platini. Un moderno Carlo V. Forse sul suo impero il sole tramonta, ma le ore di buio sono comunque poche.
Ed è per elevare questo articolo dal suo stato di semplice passatempo per ragazzi con qualche problema che ci sentiamo di chiudere con un saluto al Presidente UEFA, affinché ci regali un calcio sempre migliore e spettacolare, magari con qualche ausilio tecnologico in più. È una frase vecchia come il mondo, ma calzante. Michel, ricordati che le dimensioni non sono importanti, l’importante è come lo si adopera.