Un insolito mondiale scontato

Tutt’altro che clamoroso, l’epilogo dei Mondiali Brasiliani. Già ai nastri di partenza erano in molti a pensare che alla fine sarebbe stato Philipp Lahm ad alzare al cielo la coppa, e che sarebbe stata la Germania a prendersi il tetto del mondo. Meritato, al netto della buona prestazione degli argentini, se si guarda alla storia recente del pallone. Fermati nel 2008 e nel 2010 da una delle nazionali più forti di sempre e dalla miglior serata della vita di Balotelli nel 2012, era impensabile che questa generazione di calciatori tedeschi non portasse a casa nemmeno un titolo tra europei e mondiali.

Per una volta, la Germania di Low oltre che bella è stata anche vincente. Ha vinto la squadra più forte, più completa e che gioca meglio. Subito dietro l’Argentina della solidità difensiva e delle grandi individualità e l’ottima Olanda. Fuori dal podio l’umiliato Brasile.

Le prime quattro sono nazionali che hanno scritto da protagoniste la storia del calcio. Eppure non è stato solo loro il mondiale appena terminato. È stato il mondiale di paesi dai nomi esotici come Costa Rica, Chile, Colombia o Algeria, che insieme ad alcune sorprese occidentali come il Belgio, gli Stati Uniti o la Svizzera hanno reso insolito il cammino di questo mondiale. Tante squadre che hanno studiato molto per presentarsi preparate all’appuntamento. Nessuno sconto per chi non l’ha fatto, come la piccola Italia, la troppo sicura Spagna o il Portogallo semi-orfano di Cristiano Ronaldo, tutte fermate ai gironi da questi nuovi piccoli protagonisti.

Dal Chile che porta in campo la carica di una nazione che canta a squarciagola l’inno fino all’ultima nota, dalla Costa Rica che invece incarna la spensieratezza del “popolo più felice del mondo”, dagli Stati Uniti che iniziano a scoprire il calcio e vogliono fare le cose in grande come è nel loro stile. O dall’Algeria che rinuncia al ramadan attirandosi le ire dei fondamentalisti per stupire il resto del mondo e far sudare fino all’ultimo i futuri campioni del mondo. Dal Belgio, la Svizzera e la Colombia, che a guardare le loro rose forse è anche sbagliato considerare sorprese.

Tutte squadre che hanno incrociato e messo in seria difficoltà le prime della classe. Ma tant’è, in fondo sono arrivate le solite note, un po’ grazie ai pali e alle traverse, un po’ alla maggior esperienza internazionale, che ancora un suo peso lo ha. Ma questi mondiali ci lasciano un indubbio messaggio per il futuro, che le cosiddette “grandi” dovranno tenere ben presente: la geografia del pallone sta cambiando.