Home » Brasile 2014, il personaggio: il Cristo Redentore

Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal rettangolo di gioco, fino al 14 luglio: durante tutti i Mondiali vi regaleremo quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Oggi è il turno del Cristo Redentore, meraviglia del mondo moderno e simbolo di un Brasile quantomai misericordioso.

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Difficile pensare a un paese ospitante più generoso, alla fine. Arrivati alla fase in cui nessuno poteva più andare a casa, il Brasile ha lasciato strada a chiunque, e steso gran tappeti rossi. In 180 minuti, parziale di 10-1 (grazie al solo gol di Oscar, quando già non c’era più niente da salvare).

Tutto questo anche se, in séguito alla scoppola in semifinale, alcuni autoctoni non hanno apprezzato la prestazione dei verdeoro: così si spiega anche il lancio di arance (invero una sola) con cui è stato accolto il pullman brasiliano, giorni fa. La generosità di chi ti ospita: usanza un po’ latina e un po’ giapponese (là chi ti invita a cena ti fa anche un regalo), ma non tutti la capiscono.

Perché proprio un’arancia? Ce lo siamo chiesti, in effetti. Si parla di un paese ancora pieno di povertà, e nel quale le spese per organizzare adesso i Mondiali e tra due anni le Olimpiadi hanno fatto gridare allo scandalo. Perché, in un paese del genere, sprecare così un frutto? Quale messaggio si voleva lanciare?

Il primo pensiero va al fatto che l’avversario successivo era l’Olanda. Squadra arancione se ce n’è una, colore acceso e (l’abbiamo visto anche ieri) manovra avvolgente. Vero, il rigore al secondo minuto non c’era (ma ci sarebbe stata l’espulsione di Thiago Silva); ma a ben pensarci non c’era neanche quello con la Croazia. Un po’ prendere e un po’ dare: è il contrappasso della vita.

Poi pensiamo che l’arancia è un pallone in miniatura. In Brasile, magari, i bambini la usano per palleggiare. Poi si ricorre indietro alla memoria… e gli unici a palleggiare con le arance sono tutti argentini (a memoria: Sivori, Maradona, Zárate). Forse volevano dire: imparate da loro, che sanno palleggiare. Voi siete apallici.

È andata così. Brasile tra le prime quattro, ma inesistente come squadra. Senza idee, senza solidità psicologica, senza novità tattiche, senza resistenza fisica. Con un David Luiz a marcare reti e a smarcare attaccanti avversari. Alla fine, alla luce dello 0-3 senz’anima di ieri, anche la vittoria tedesca perde un po’ di brillantezza (a chi i meriti e a chi i demeriti?).

Adesso rimane solo quello: affidarsi a lui. Al Cristo Redentore. Che ci metta una buona parola, e risvegli le coscienze dei calciatori verdeoro. Già hanno faticato a sopportare che Maradona fosse la mano de Diós (autonominandosi dio del pallone); adesso devono sopportare il sorpasso argentino. È una specie di derby a distanza: il Cristo è col Brasile, il Papa è argentino. (E lancia anche messaggi sensati.)

Che entrambi ci mettano una buona parola, e salvino le anime di Thiago Silva e compagnia (se Maradona era la mano di dio, per i tifosi loro saranno qualcosa come i pés do diabo, piedi del diavolo). Altrimenti il prossimo frutto con cui i tifosi li inviteranno a esercitarsi non sarà un’arancia, ma un’anguria.

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Puntate precedenti

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14 giugno – Stefano Bizzotto
15 giugno – Gary Lewin
16 giugno – il sorteggio
17 giugno – Pepe
18 giugno – Guillermo Ochoa
19 giugno – Iker Casillas
20 giugno – Roy Hodgson
21 giugno – Giorgio Chiellini
22 giugno – Miroslav Klose
23 giugno – Fabio Capello
24 giugno – il parrucchiere (di Neymar)
25 giugno – Cesare… Maldini
26 giugno – l’esprit de l’escalier
27 giugno – Claudio Sulser
28 giugno – lo psicologo dimissionario
29 giugno – Mauricio Pinilla
30 giugno – Arjen Robben
1° luglio – Thomas Müller
2 luglio – Mario Ferri
3 luglio – Jürgen Klinsmann
4 luglio – Dunga
5 luglio – Neymar
6 luglio – Tim Krul
7 luglio – Ángel Di María
8 luglio – Alfredo Di Stéfano
9 luglio – Luiz Felipe Scolari
10 luglio – Sergio Romero
11 luglio – Louis van Gaal
12 luglio – Nicola Rizzoli