Era il 16 luglio 1950, il Brasile conduceva per 1-0, poi la più grande tragedia nella storia dello sport verdeoro. Il resto è storia, compresi i suicidi che si susseguirono al termine dell’incontro vinto poi dall’Uruguay; ieri, come quel giorno tanto lontano quanto vicino, per milioni di brasiliani si è materializzato lo stesso identico incubo, complici alcune scelte scellerate da parte del commissario tecnico Scolari. Le lacrime dei tifosi brasiliani rimarranno indelebili nella storia di questa nazione, perché subire quattro reti in sei minuti non sarebbe ammissibile nemmeno nel torneo di calcio a cinque organizzato dall’oratorio, figuriamoci in una semifinale mondiale disputata in casa. Prenderne sette in novanta minuti, invece, è qualcosa di inedito per i verdeoro.
Ho parlato delle scelte di Scolari, il quale ha snaturato una nazionale che ha sempre giocato sull’onda dell’entusiasmo e sull’estro dei suoi campioni, forgiando un centrocampo mediocre e dai piedi ruvidi. Qualche segnale lo si era già intravisto negli incontri precedenti, quando soprattutto il Cile era andato vicinissimo dall’eliminare precocemente gli organizzatori del mondiale. Anche la Colombia, nonostante il doppio svantaggio, è stata più in partita di quanto si possa immaginare: in fondo i due gol sono arrivati in maniera quasi casuale, grazie a una disattenzione su calcio d’angolo e una punizione ben calciata da David Luiz. A tal proposito vorrei spendere due parole su questo difensore, decantato nei giorni scorsi quale nuovo fenomeno del calcio mondiale: a mio parere un mediocre, decisamente carismatico ma lo stesso un difensore più propenso ai vezzi che all’essenziale. Ieri sera si è trovato spesso in difficoltà, e dire che Mourinho aveva già avvisato il Brasile e i brasiliani definendolo un “defender who cannot defend”, un difensore che non sa difendere. L’assenza di Thiago Silva ha pesato moltissimo, ma ridurre il tutto alla sua assenza significa ignorare le grosse falle nel sistema architettato da Scolari.
Dall’altra parte, però, hanno incontrato una squadra solida e probabilmente in missione come nessun’altra in questa rassegna. La concretezza di Mueller, la fantasia di Ozil e Kroos unita alla tenacia di Schweinsteiger e Lahm; e poi, permettetemi di farlo, un elogio a un campione che ha iniziato a calcare il palcoscenico italiano troppo tardi, perché un giocatore del genere puoi solo ammirarlo, indipendentemente da simpatie o antipatie personali. Sedici gol in un mondiale, l’ultimo segnato proprio ieri sera davanti a Ronaldo, che deteneva il record insieme a lui. Parlo ovviamente di Miroslav Klose, un attaccante con un fiuto del gol pazzesco e una capacità di trovarsi nel posto giusto al momento giusto come pochi altri nella storia di questo sport.
Abbiamo assistito a qualcosa di impronosticabile, a qualcosa di incredibile nella sera che avrebbe dovuto lanciare il Brasile nonostante le pesanti assenze di Neymar e Thiago Silva; se queste sono le premesse, ci aspettano altri tre incontri fantastici, a partire da stasera. Le lacrime dei brasiliani, invece, appartengono ormai già al passato: David Luiz e compagni, adesso, devono mettersi alle spalle una sconfitta che resterà indelebile sulla loro pelle, perché avvenuta davanti ai propri tifosi. Prima riusciranno a farlo, prima si toglieranno questo macigno dalla testa: si è concretizzato O Mineiraço, 54 anni dopo il Maracanaço.