Tennis, Wimbledon: Novak Djokovic trionfa e torna numero uno del mondo

Novak Djokovic si aggiudica il titolo della 128esima edizione dei campionati del mondo di tennis sull’erba di Wimbledon. Il tennista serbo ha conquistato il suo secondo trofeo nei Championships battendo in cinque set (6-7 6-4 7-6 5-7 6-4) lo svizzero Roger Federer; era dal 2009 che non si giocavano cinque set nella finale di Wimbledon.

L’incontro è stato spettacolare e giocato sempre sul filo dell’equilibrio; la classe e l’orgoglio di Re Roger contro i colpi automatici e la forza mentale di Nole: hanno prevalso questi ultimi, ma c’è voluto il miglior Djokovic degli ultimi due anni per aver ragione del talento inossidabile di Roger Federer.

Sembrava tutto già finito quando, in vantaggio di un break nel quarto set, Djokovic è andato prima a servire per chiudere l’incontro, in vantaggio per 5-3, e poi non ha sfruttato un match point sul 5-4; proprio in quei momenti è uscito fuori tutto l’orgoglio di un campione assoluto come Federer che ha infilato quattro giochi consecutivi portando la partita al quinto.

Il set decisivo è stato un susseguirsi di emozioni; sul 3-3 Federer non sfruttava una palla break su servizio del serbo, nel game successivo, in vantaggio 4-3, toccava a Djokovic non trasformare tre palle per il 5-3 su servizio dello svizzero. La svolta della gara si è avuta nel decimo game quando Federer cedeva il proprio turno di battuta, consegnando il titolo all’avversario dopo 3 ore e 56′ di gioco.

Così, come nel 2011, torneo femminile e maschile registrano gli identici vincitori: Petra Kvitová e Novak Djokovic. Il serbo, che diventerà padre tra pochi mesi, da domani tornerà numero 1 della classifica mondiale.

Onore a Roger Federer, che giocava per conquistare l’ottavo titolo a Wimbledon e riscrivere così, se ce ne fosse ancora bisogno, la storia di questo sport; non ci è riuscito per poco e non si sa se la vita gli darà un’altra occasione per farlo, ma come ha dichiarato Djokovic a fine partita: “resterà per sempre un esempio da imitare”.

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Paolo Maragoni