Non è un mondiale per numeri nove
Non solo le squadre materasso: in questo mondiale, a mancare, sono anche i classici “numeri nove”, quelli che una volta, nel calcio, facevano la differenza. Già, quelli alla Ronaldo, per dire: potenza e velocità, tecnica, carisma, senso del gol e soprattutto grande capacità di buttarla in fondo al sacco. Sarà cambiato il calcio, saranno cambiate le situazioni tattiche, ma sempre più spesso gli allenatori di oggi rinunciano ad affidarsi all’attaccante di ruolo.
Il mondiale brasiliano ne è la dimostrazione lampante: partendo dal grande assente Radamel Falcao – che magari avrebbe segnato raffiche di gol ma che per colpa di quel maledetto infortunio al ginocchio non partecipa e, dunque, dà sostanza a questa tesi – e passando per i vari Jackson Martinez, Van Persie, Klose, Higuain, Diego Costa, Cavani: tutti deludenti, e ovviamente c’è lui, il nostro Balotelli. Che non sarà un vero numero nove, però Prandelli l’aveva chiamato per quello: per fare l’attaccante vero, il perno del reparto offensivo, quello che avrebbe dovuto fare sì, anche Immobile, ma che no, neanche lui ci è riuscito (per mille motivi, ovviamente anche perché Prandelli l’ha utilizzato col contagocce).
Il calcio è cambiato, questo è il punto. E il ruolo del “cannoniere” ne sta risentendo. Abbiamo visto tutti come sia nato, in Spagna, negli anni scorsi, quel falso nueve che puntava a ingannare la retroguardia avversaria: un finto centravanti, con chiari compiti di portare via l’uomo, arretrarsi, inventare, permettere ai centrocampisti e alle ali di infilarsi e far male. Più o meno come quanto succedeva ai tempi della Roma di Spalletti che, a mio avviso, resta il vero inventore del finto centravanti (all’epoca era Totti), e non me ne voglia Guardiola.
Da lì, soprattutto da lì, via con l’avvento di altre idee, altre tattiche. Registi arretrati, sovrapposizioni, mediani, ali chiamate ad accentrarsi e concludere, schemi, controschemi, e tante idee che portino l’intera squadra a fare gol, non più solo uno, principalmente uno. “Quell’uno” che magari, nella nostra nazionale, sarebbe potuto essere… Luca Toni. Che era in gran forma ma non è stato neanche considerato da Prandelli. Lui, un campione del mondo, relegato a riserva delle riserve, nel senso che “ti chiamo proprio se quello, quello e quell’altro si fanno male”. Voleva il mondiale, Luca, è stato mandato in vacanza. Lui, che nella nostra Serie A ha dimostrato di valere ancora tanto, nonostante un mondo del pallone che non preveda più gli spilungoni là davanti. Magari per la nostra Italia non sarebbe cambiato nulla, o magari sì, e saremmo adesso ancora in corsa per un mondiale che sta dimostrando sempre più che no, non c’è più spazio per i vecchi, tanto amati, numeri nove.