Wimbledon: viaggio nel “giardino” più famoso del mondo
“Che tu possa incontrare il trionfo e il disastro e fronteggiare quei due impostori nello stesso modo”. È con questa frase di Kipling che vengono accolti i giocatori all’ingresso del Centre Court dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club.
Proprio questa settimana inizia sui campi del sobborgo londinese la 128ma edizione dei Championships, in cui i più grandi tennisti del mondo si daranno battaglia per strappare il titolo ad Andy Murray, capace nel 2013 di diventare il primo britannico a vincere il torneo dalla vittoria di Fred Perry nel 1936 (fa sorridere il fatto che allora il premio in denaro fu di 10 sterline, mentre ora se ne vincono 1.6 milioni).
L’eleganza si respira da sempre a Wimbledon: la famosa tradizione dell’abbigliamento bianco, per esempio, è dovuta al fatto che quando alla fine del 1800 il torneo venne istituito, solo i nobili vi partecipavano e vestivano di bianco perché erano gli unici a potersi permettere di farsi lavare i vestiti ed essere così sempre candidi. La tradizione, l’assenza di cartelloni pubblicitari sui campi e la “nobiltà” del torneo rispetto allo US Open venne parafrasata ottimamente da Jimmy Connors, con queste parole: “I newyorkesi amano vederti sputare l’anima là fuori; sputa l’anima a Wimbledon e ti fanno fermare e pulire”.
Sull’erba si gioca solo poche settimane all’anno e per avere successo ed evitare brutte sconfitte bisogna saper variare il proprio gioco in tempi brevi. Come disse Rino Tommasi: “Wimbledon è un evento speciale per molte ragioni. È il più antico, il più prestigioso ed anche l’unico che si gioca sull’erba, al punto che se non ci fosse Wimbledon, l’erba sarebbe stata dimenticata o cancellata”.
Molti grandi campioni del passato (parliamo qua del periodo che va dagli anni ottanta ad oggi) riuscirono nell’impresa di conquistare quello che più di un torneo è una religione per un tennista: lo svedese Björn Borg (già vincitore del Roland Garros) vinse i Championships per ben cinque volte a partire dal 1976. Borg dominava la scena e nessuno riusciva a batterlo “volleando”. Questo sorprese molti, perché “l’orso” non aveva un gioco propriamente da erba. Per raggiungere questo incredibile risultato lo svedese consolidò la battuta e arricchì il rovescio, tagliando la palla con un effetto diverso (grazie anche a un’accentuata torsione del polso).
Solo un altro genio della racchetta come l’americano John McEnroe poteva interrompere il suo dominio: la varietà del suo gioco (con tagli esterni, approcci avvelenati, cambiamenti di ritmo e volée assassine) mandò in confusione avversari come Borg e Connors. Nel 1981, dopo aver insultato il giudice arbitro, in una scena che diventerà celebre, Mac vinse il primo dei suoi tre titoli. L’americano era odiato dal pubblico per il suo comportamento arrogante e per i suoi siparietti con gli arbitri, ma aveva un gioco spettacolare mai visto prima. Artur Ashe, il primo afroamericano a vincere uno slam, descrisse così la differenza tra il gioco di McEnroe e quello dei suoi più grandi avversari: “Borg e Connors vi prendono a colpi d’ascia. Mac vi lavora con uno stiletto: in pochi minuti, buttate sangue da mille ferite”.
Nel 1985 un diciassettenne tedesco, “Bum Bum” Becker, sorprese Wimbledon e il mondo: si aggiudicò il torneo giocando più con disinvoltura che con incoscienza. Era capace di servizi potenti e di tocchi raffinati al volo, grazie a una manina benedetta, e si adattò così bene ai prati inglesi da paragonarli al giardino di casa.
Gli anni novanta videro primeggiare Pete Sampras: servizio e diritto violentissimi e tra i migliori di sempre portarono lo statunitense a dominare e vincere Wimbledon per ben sei anni, oltre che a dare vita a stupende partite contro Agassi. Sampras, se in condizione, era inarrivabile per quasi tutti e infatti arrivò a vincere quattordici Slam. La sua più grande debolezza fu la resistenza, e questo fu probabilmente il principale motivo per cui non trionfò mai a Parigi.
Bisognerà poi aspettare l’avvento di Roger Federer per ritrovare un simile campione, tra i più grandi di sempre ad aver messo piede sull’erba: lo svizzero, dotato di immenso talento, conquisterà sette Championships, tra il 2003 e il 2012, superando tutti i record e diventando amatissimo dal pubblico londinese per la sua classe e per il suo comportamento in campo. Anche se dovrà lottare, ora da sfavorito, contro avversari come Nadal, Djokovic e Murray, c’è da scommettere che Federer proverà in tutti i modi a cercare di vincere, a trentadue anni, il suo ottavo titolo nel suo “giardino” preferito.