Brasile 2014, il personaggio: Mauricio Pinilla
Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal rettangolo di gioco, fino al 14 luglio: durante tutti i Mondiali vi regaleremo quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Oggi è il turno di Mauricio Pinilla, attaccante del Cile e del Cagliari.
Troppo facile parlare delle lacrime di Júlio César, delle dichiarazioni di Scolari (“Quando si vince in questo modo si esce più forti”), del rigore di Neymar o di un portiere in gamba come pochi (Bravo, Claudio!). In giornate come queste, il vero coraggio è quello di passare al lato scuro della forza. No, non il lato oscuro, proprio il lato scuro. Cioè non la seconda faccia della medaglia, bensì la medaglia mancata.
Mauricio Pinilla, 30enne giramondo con un solido legame con l’Italia. A partire dal 2003, quando viene comprato dall’Inter per la modica cifra di due milioni e mezzo: non male per uno che, in due stagioni, non vedrà mai il campo con la maglia nerazzurra. Prestato prima al Chievo e poi al Celta Vigo, passa in comproprietà allo Sporting Lisbona e ancora non si ferma: Racing Santander, Scozia agli Hearts, ritorno in patria all’Universidad de Chile, ancora Hearts, poi Vasco da Gama e Apollon Limassol. Numeri totali: tra 2003 e 2009, la bellezza di 40 presenze e 7 gol. Un predestinato.
Non crescevano le statistiche, sicuramente però avanzava tempo a sufficienza per farsi qualche tatuaggio. E per cercare nuove occasioni: il passaporto italiano (i genitori sono di origini liguri) lo aiuta, e l’occasione arriva a Grosseto: 24 reti in una stagione marcata anche da due pesanti infortuni. Meriti e sfortune che però gli valgono il soprannome di Pinigol: da panchinaro sconosciuto a trascinatore. Il resto parla dell’approdo al Palermo, e poi della cessione al Cagliari. Buone stagioni, con fatica ma anche soddisfazioni.
Perché questo è il destino dei predestinati: freschi e riposati (come uno che gioca 5-6 partite all’anno), arrivano al momento della loro vita, e poi fanno la frittata. Chiedetelo a Willian: entrato nei supplementari (Pinilla invece a 3 minuti dallo scadere dei 90 minuti regolamentari), secondo rigorista, primo errore.
E Sampaoli aveva dimostrato coraggio e sfrontatezza: fuori Vidal, dentro Pinilla. Trentatré minuti in campo, e quando mancano venti secondi al termine, l’occasione di entrare nella storia. Occasione sprecata. È traversa. Così come sarà sbagliato il primo rigore del Cile (centrale, e di potenza non irresistibile: ma si può?). Non tutti sono Aránguiz, non tutti riescono a dimostrare che rigore parato è rigore sbagliato. Solo quattro passi, esecuzione perfetta, fucilata senza repliche possibili.
Fallito l’appuntamento con la storia. Pinilla colpevole, sì, ma è da augurarsi che in Cile non gliene vogliano. Anche merito suo, e della sua traversa, se la sua squadra è uscita a testa altissima. Non è facile avere la freddezza che serve, se tutta la tua prima parte di carriera l’hai passata a scaldare panchine. Pinipanca, Pinigol, e adesso Pinitraversa. Un predestinato, sì, ma al contrario. Ed è anche per questo che lo stimiamo.
Puntate precedenti
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