1) Questo linciaggio di Balotelli non fa altro che dare ragione a Balotelli stesso. Sì, siete razzisti (ma solo quando avete la ragione dalla parte del manico, lo riconosco). Balotelli non è assolutamente quel fenomeno calcistico che è stato dipinto; ma non è nemmeno così scarso, rispetto agli altri che abbiamo. Non è stato lui il peggiore. Chi dice che non corresse per recuperare palla non sa che Prandelli gli aveva imposto di stare sempre vicino all’area, di non rientrare più di tanto, perché doveva farsi trovare pronto. Con l’Inghilterra, in effetti c’era. È stato bello, no?
Certo, è antipatico. Ricco, giovane e viziato: dove lo trovi un altro stereotipo più facile da colpire? Basta parlare di lui come dell’uomo che deve salvare l’Italia dagli spettri del razzismo o come il bad boy che rappresenta tutto il peggio del mondo contemporaneo; tanto meno come un campione, che poi finisce per crederci anche lui. È un centravanti, che può giocare o meno nella misura in cui sia utile alla squadra. Boninsegna in Brasile non poteva venire.
2) Questo linciaggio di Suárez non fa altro che dare ragione a Suárez stesso. Sì, siamo dei piagnoni (ci meritiamo un campionato di moviole e discussioni; un campionato brutto che esalta i mediocri per gesti tecnici sopravvalutati). Che poi Chiellini avrebbe potuto aprire un museo a tre piani, con le foto dei segni che lascia lui sui torsoli degli avversari, su questo sorvoliamo pure. Chiellini, quello che nel marzo 2013 prese per i capelli proprio Cavani (ottenendone una gomitata). Ah, probabilmente, su Cavani c’era un fallo da rigore. Di Chiellini.
Non abbiamo perso per colpa di Suárez e dei suoi dentoni. Ma solo perché non ci ha segnato. Abbiamo perso perché da anni non siamo più capaci di organizzare una manovra offensiva che faccia salire contemporaneamente quattro, cinque calciatori. Come fanno Colombia, Cile e Messico, tra gli altri. Abbiamo perso perché nessuno sa più fare un cross a rientrare. Solo Candreva ne ha azzeccato uno (su dieci). E, guarda caso, in quell’occasione abbiamo segnato, con Balotelli (che evidentemente le azioni però le segue). Contro l’Uruguay, puntavamo allo 0-0, questo era abbastanza chiaro e, fino agli episodi cruciali, ci siamo annoiati nel vedere la partita. Di questo, non prendetevela con Suárez: lui in campo gli spettatori li fa divertire, solitamente.
3) Pronti a esaltare Marchisio e Chiellini. In campo in ogni disfatta azzurra degli ultimi quattro anni, dalla figuraccia in Sud Africa al 4-0 della finale europea con la Spagna. Ma la maglia è sudata. Come quella di chiunque faccia jogging, del resto. A proposito, l’espulsione di Marchisio è parsa esagerata, a tutti, ma facciamo un esercizio di stile: se l’entrata fosse stata di Arévalo Ríos su un Marchisio rotolante a terra, dopo l’espulsione avreste giurato ugualmente che non c’erano gli estremi per il rosso? O “tutto sommato ci può anche stare”?
4) Hanno ragione Buffon, De Rossi e i veterani. Però poi magari da domani siete tutti contro l’immunità dei senatori. Eppure, il “largo ai giovani” era diffuso e sentito da molti. Pronti a invocare Cerci, Immobile, Insigne. Ci fosse uno che dopo le loro prestazioni abbia detto: “Ehi, ma allora erano forti solo contro il Chievo!”. Fenomeni di un campionato minore.
Hanno così a lungo atteso di entrare che, quando ne hanno avuto la possibilità, si sono spenti alla prima fiammata, premurandosi poi di giustificare l’esaurimento della propria precocità prestazionale: come Cerci, che si è giustificato dicendo che in pochi minuti non si può dare un giudizio su un calciatore. Sicuri che Giuseppe Rossi non si sarebbe accontentato di quei 20 minuti? Se questo è l’ardore di chi subentra, tanto valeva chiamare Totti e Toni: magari venti minuti avrebbero saputo e voluto giocarli.
Nel 2018, in Russia, Cerci avrà 31 anni, Immobile 28 e Insigne 27. Almeno potremmo smettere di chiamarli giovani, se saranno ancora tra i convocati. Solo uno dei giovani si è salvato bene: Marco Verratti. Quello che gioca all’estero. In Russia ne avrebbe 26 e tra i suddetti sarebbe il più giovane.
5) Tutti contro Prandelli. Sì, ha sbagliato veramente tutto: preparazione al mondiale (i giovani suddetti avranno fatto sì e no cinque partite a testa, prima del mondiale); ha sbagliato le convocazioni, la sede del ritiro, i moduli, le formazioni e i cambi. Tutto. Ha perfino portato Cassano, francamente impresentabile (anche se prima lo danno sempre tutti “in forma come mai era stato prima in carriera”). Inoltre ci ha anche ammorbato con un codice etico che è servito solo a fare chiacchierare chi si sente giudice dell’etica altrui.
Ma se proviamo a dire: “prendiamo un allenatore straniero?”, magari tutti saltano in piedi per amor patrio (“è inutile prendere gli allenatori stranieri perché abbiamo tanti allenatori bravi in Italia. E poi costano troppo”). Invece ne avremmo bisogno, come ne ha Alitalia di Etihad.
Quattro anni fa, dopo la disfatta sudafricana, qualcosa si è smosso all’inizio, ma alla fine il senso generale che è stato percepito, è che non è cambiato niente. Né peggio né meglio: niente. Succede spesso, non per niente si chiosa spesso citando il Gattopardo. Un “Principe” straniero, forse davvero sarebbe un cambiamento per il calcio italiano. Forse garantirebbe maggiore indipendenza dalle sollecitazioni di sistema e proverebbe a rinnovare gli schemi tattici di una Nazionale che ha bisogno di rischiare, se vuole scrollarsi di dosso un’idea di calcio giocato non più al passo coi tempi (fermo restando che la tradizione pedatoria italica, una volta superato lo scoglio del cambiamento, tornerebbe a innestarsi più rinvigorita di prima).
6) Quel che si è perso davvero è il gusto del calcio giocato in strada, che accompagnava le fasi di crescita e ci faceva innamorare di un gioco che tutti condividevamo. Lì dove nasce la voglia di dribblare tutti e segnare, di vincere facendo un gol in più degli altri. Allora sì che uscirebbero di nuovo fuori i talenti.
Prendetevela con le mamme, che se i bambini corrono poi sudano e gli viene la febbre. Prendetevela con chi ha cementificato gli spiazzi dove prima si poteva giocare, al netto di qualche rimbalzo fasullo. Prendetevela con il tempo pieno a scuola, prendetevela con quello del secondo piano che si affacciava sempre per minacciare di bucare il pallone. Prendetevela con loro e con chi ha bucato davvero il pallone ai bambini. Ma lasciate stare Balotelli e Suárez.