Ma a cosa servono adesso tutte queste chiacchiere? Via Abete, via Prandelli, Balotelli che si infuria via Instagram, L‘Italia intera che voleva la testa del ct azzurro e l’ha ottenuta. Ma a cosa serve, veramente, tutto ciò?
A nulla. Tutto ciò non serve davvero a nulla. Adesso serve soltanto spegnere gli animi bollenti e ripartire da zero. Niente discorsi, niente polemiche, niente proteste. Solo tanta umiltà, e buon senso nel tacere, tutti. Adesso, ciò che serve è lavorare. Un nuovo commissario tecnico, un nuovo presidente di Federazione, una nuova gestione, una nuova nazionale. La figura barbina fatta a Brasile 2014 ci serva da insegnamento, e non come accaduto quattro anni fa, quando la gestione “Lippi-bis” fortemente voluta da Abete non solo fece piangere tutto il Paese a suon di vuvuzela, ma neanche smosse le cose.
Nulla, figuriamoci, tutto proseguì come se niente fosse, se non che Prandelli successe a Lippi sulla panchina, e tutti i tifosi azzurri speranzosi in nuovi ambiziosi successi. Già, successi. Questi sconosciuti. Il risultato più alto della gestione Prandelli, il secondo posto agli Europei 2012, con la Spagna che ci bastonò in finale; dopodiché, una Confederations Cup utile solo a farci scolare tante birre, e via, questo mondiale che ci ha chiaramente fatto capire che il calcio italiano deve ripartire, ricostruirsi, rifondarsi, e farlo ex-novo. Sia chiaro: “ex-novo”, da zero. Via il ct, via Abete, ma non solo: via anche tutti quei personaggi che vorrebbero salire la scala gerarchica del calcio italiano ma che non porterebbero alcuna novità. No, per carità, via anche loro, via tutti, come tutti chi? Prendetene uno a caso che faccia parte del sistema ed escludetelo categoricamente dai progetti futuri.
Abbiamo bisogno, adesso, di gente nuova. Gente ambiziosa, capace, che valorizzi i giovani e che ok, magari non ci farà vincere nell’immediato, ma che ci riempia il futuro di speranza grazie a un lavoro preciso e fruttuoso. “Siamo l’Italia”: frase che una volta ci riempiva d’orgoglio, consci del valore del nostro calcio, ma che adesso non possiamo più dire a nessuno. Perché ok, siamo l’Italia, ma il nostro calcio no, non è superiore proprio a nessuno.
Siamo l’Italia, anzi no, “eravamo l’Italia”: torniamo a esserlo. Stop. Solo questo: eravamo l’Italia: torniamo, veramente, il prima possibile a esserlo.