Brasile 2014, il personaggio: l’esprit de l’escalier
Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal rettangolo di gioco, fino al 14 luglio: durante tutti i Mondiali vi regaleremo quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Oggi è il turno del temibilissimo esprit de l’escalier.
Se c’è una cosa che i francesi sanno fare è coniare espressioni meravigliose e intraducibili. Una di queste è di sicuro l’esprit de l’escalier, lo spirito delle scale. Quella sensazione che si prova laddove la cosa giusta da fare ti affiora quando ormai è tardi. Quando sei già sulle scale. Treppenwitz, lo chiamano i tedeschi, ma vuoi mettere la musicalità?
Tutta l’avventura da CT di Cesare Prandelli è stata un enorme, gigantesco inno all’esprit de l’escalier. Tralasciamo l’entusiasmo iniziale, grazie al quale ci siamo qualificati a stento ai quarti dell’Europeo 2012 e abbiamo superato (sempre a stento) le salme inglesi ai rigori prima di fare il nostro classico partitone esagerato contro la Germania, l’unica squadra contro cui non trasformarsi in un’armata traboccante patriottismo sarebbe troppo indegno anche per noi.
La figuraccia finale con gli spagnoli ci ha riportato alla realtà di un allenatore che serenamente, con grande innocenza e suscitando quasi tenerezza, non ci ha capito niente dall’inizio alla fine. Modulo sbagliato, giocatori sbagliati, Chiellini mezzo rotto e fuori ruolo a contrastare le ali più veloci del West. Sul 2-0 dentro Thiago Motta, claudicante distruttore di gioco (altrui e proprio), e fuori Montolivo, che pur essendo Montolivo è uno che la verticalizzazione ogni tanto te la fa. Ci immoliamo così al calvario di un futuro già scritto, in cui il buon Claudio Cesare si mangerà tutte le unghie elucubrando tanti “Ah, se solo…” uno dietro l’altro.
Ah, se avessi dato più peso alla partita con l’Armenia, che ci ha trasformati in carne da macello di seconda fascia. Ah, se avessi convocato qualche terzino, perché i De Sciglio si possono anche rompere e allora sei costretto a rimettere (nella doppia accezione del termine) Chiellini là dove proprio non è capace. Ah, se avessi compreso che è da fessi levare i fantasisti (e aridaje co’ Thiago Motta) contro la modesta Costarica, che va in tilt al primo filtrante. Ah, se mi fossi tenuto una punta in campo per recuperare l’eventuale gol dell’Uruguay. Ah, se non avessi fatto una figura da caldarrostaro spacciando in mondovisione Cassano per un attaccante di movimento da 10 contro 11.
E infine il peggiore di tutti. Ah, se avessi capito un po’ prima che Balotelli non è un genio ribelle, ma solo un calciatore tecnicamente assai modesto. Che non sarà mai un top player, e non perché sia ribelle, ma proprio perché non è abbastanza bravo. E forse non è nemmeno così ribelle, ma questo frega soltanto ai giornalisti che ne hanno costruito un mito pur non avendo il ragazzo mai fatto quasi niente – sul campo – per meritarlo.
Gli esprit de l’escalier sono peggio dei rimorsi. Perché il rimorso affiora lontano, dove ormai il tuo animo è già quasi in pace. L’esprit no. Quello spunta l’attimo seguente, quando la ferita è ancora calda. E, allora, la cosa giusta da fare ti sembra così lampante che vorresti prenderti a schiaffoni. Vorresti proprio prenderti a schiaffoni.
Cesare, ti vogliamo bene, ma se tante volte ti servisse una “mano”…
Puntate precedenti
13 giugno – Stipe Pletikosa
14 giugno – Stefano Bizzotto
15 giugno – Gary Lewin
16 giugno – il sorteggio
17 giugno – Pepe
18 giugno – Guillermo Ochoa
19 giugno – Iker Casillas
20 giugno – Roy Hodgson
21 giugno – Giorgio Chiellini
22 giugno – Miroslav Klose
23 giugno – Fabio Capello
24 giugno – il parrucchiere (di Neymar)
25 giugno – Cesare… Maldini