Il meglio deve ancora venire

Per chi ha avuto la tenacia di vedere fino alla fine tutte e due le partite che l’Argentina ha giocato al Mondiale di Brasile 2014, sa bene che la nazionale albiceleste non ha fin qui impressionato. Proprio per nulla.

Buona parte della partita contro la Bosnia e praticamente tutta la gara contro l’Iran hanno messo in mostra un gioco, per usare un eufemismo, non entusiasmante da parte degli uomini di Sabella.
L’errore che si può fare adesso, però, è quello di sottovalutarli. Non credere alla loro forza e alla loro compattezza. Alla loro fantasia e al loro senso del gol. Non credere a Leo Messi.

Lionel Messi è arrivato a questo Mondiale con tanti, tantissimi (forse troppi) dubbi. Non suoi, ma della critica generale. È vero, tra il 2006 e il 2010 ha segnato solo 1 gol nella fase finale dei Mondiali e, soprattutto, non ha inciso come ci aspettava in Sudafrica, quand’era all’apice della sua (seppur ancora molto lunga) carriera. Nella stagione appena conclusa ha avuto un po’ di problemi fisici e, anche quand’era in campo, raramente si è visto il giocatore di un paio d’anni fa.
Ma, e qui probabilmente sta tutta la sua grandezza, ha segnato lo stesso 28 gol in campionato e 8 in Champions League che, uniti ai 5 della Copa del Rey, fanno un totale di 41 reti in 48 presenze stagionali. Non sono i 73 gol in 60 presenze del 2011/2012 né i 60 in 50 apparizioni del 2012/2013, ma abbiamo visto di peggio.

Sui Mondiali di Messi c’è ancora la tesi — tra i suoi fan — che abbia “camminato” per tutta la stagione per arrivare nelle migliori condizioni possibili all’appuntamento in Brasile (a differenza di Ronaldo, Ribery, Diego Costa e altri, arrivati a fine stagione con le ossa rotte), ma ci sentiamo di screditarla a fronte della mancata “accelerazione” delle sue prestazioni negli ultimi due mesi della stagione che sarebbe stata necessaria e ovvia per arrivare lanciato a giugno-luglio. Il cambio di passo non c’è stato, semplicemente non stava bene. Non ha fatto chissà quali calcoli in vista del Mondiale, se non quello di non accelerare il rientro dagli infortuni per poter guarire completamente.

E adesso è lì, che guida l’Argentina. Male nei primi 45 minuti contro la Bosnia: passaggi sbagliati, dribbling non riusciti, velocità assente. Poi il risveglio: gol decisivo — bellissimo — contro la Bosnia e prodezza al 92′ che ha steso l’Iran e ha consegnato la qualificazione all’albiceleste. Due gol in due partite. E la sensazione che il meglio deve ancora venire.

Vincere il girone permetterebbe all’Argentina di andare nella parte del tabellone opposta a quella del Brasile, con un possibile scontro solo in finale. Un Messi che, così come Diego nell’86, guida una nazione intera e lo fa contro il Brasile dentro al Maracanã: secondo me abbiamo visto di peggio.

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Francesco Mariani